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Nonostante Ballardini...rinasce il PS
25.10.07

n.zoller@trentinoweb.it
INFO SOCIALISTA 25 ottobre 2007
a cura della segreteria regionale SDI, per i rapporti con l'azione nazionale dei
socialisti e del centro sinistra
tel. 338-2422592 - fax 0461-944880
Trento/Bolzano: www.socialistitrentini.it www.socialisti.bz.it
Quindicinale - Anno 4°
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Sommario: o DUE LIBRI, per cominciare: Alberto Alesina – Francesco Giavazzi, IL LIBERISMO È DI SINISTRA; Carlo Rosselli, SOCIALISMO LIBERALE
o Rinasce il PARTITO SOCIALISTA
o NONOSTANTE BALLARDINI, C’E’ UN FUTURO PER IL SOCIALISMO DI MARCA EUROPEA
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DUE LIBRI, per cominciare ("Tutte le cose del mondo conducono a una citazione o a un libro" Jorge L. Borges)

o Autori: Alberto Alesina – Francesco Giavazzi
o Titolo: IL LIBERISMO È DI SINISTRA
o Ed. Il Saggiatore, pagg 126 – euro 12
o Autore: Carlo Rosselli
o Titolo: SOCIALISMO LIBERALE
o Ed. Einaudi, Torino Euro 10,33
1) IL LIBERISMO È DI SINISTRA: è di sinistra difendere "il merito e non il censo, il libero mercato e non le lobby, i diritti del cittadino e non lo spreco di denaro pubblico"
Presentazione:
Nei giorni successivi alla vittoria elettorale dell'aprile 2006, erano già evidenti le priorità che il nuovo governo avrebbe dovuto affrontare con la massima urgenza per dare una svolta alla politica italiana. Erano necessarie riforme concrete da attuare subito, intervenendo con decisione in tema di liberalizzazione economica. Le cose, secondo gli autori, sono andate diversamente: le misure varate dal ministro Bersani nel gennaio 2007 costituiscono solo un piccolo passo avanti, ma non sono sufficienti. È necessario intervenire con efficacia in settori-chiave come energia, trasporti e finanza. L'ala riformista del governo italiano, che fa capo a Prodi, ha di fronte due strade: una è "sopravvivere" liberalizzando parzialmente solo alcuni settori, rischiando così di perdere le prossime elezioni, l'altra è procedere sulla via delle riforme, cosa che le darebbe buone possibilità di ripetere il successo elettorale.

di Stefano Natoli

La meritocrazia? È di sinistra. La liberalizzazione dei mercati? È di sinistra. La riforma del mercato del lavoro? È di sinistra. La riduzione della spesa pubblica? È di sinistra. Di sinistra, in generale, è il liberismo tout court. Lo sostengono ‘senza se e senza ma' - e soprattutto senza paura di apparire decisamente provocatori - due economisti di chiara fama: Alberto Alesina e Francesco Giavazzi. Entrambi docenti di politica economica in prestigiose università (il primo ad Harvard, il secondo alla Bocconi di Milano e al Mit) ed entrambi editorialisti di grandi quotidiani: il Sole 24 Ore nel caso di Alesina, il Corriere della Sera nel caso di Gavazzi.
Ed è proprio dagli articoli pubblicati sui due prestigiosi giornali negli ultimi due-tre anni che prende lo spunto ‘Il liberismo è di sinistra', un volume scritto per i tipi Il Saggiatore che molto ha già fatto discutere e che molto ancora lo farà nei prossimi mesi. Le tesi del libro, infatti, sembrano fatte apposte per suscitare l'ira bipartisan di entrambi gli schieramenti politici italiani.
La destra, specialmente quella moderata, si sente in qualche modo usurpata di un titolo - quello di difensore del libero mercato - e non è disposta a dare patente alcuna di liberismo a schieramenti che in alcuni casi si scagliano ancora oggi contro le privatizzazioni considerandole il male assoluto. Così come la sinistra non si sente pienamente a proprio agio sotto le bandiere del libero mercato - quella radicale addirittura per niente - e contesta nel modo più categorico che il liberismo sia di sinistra e che gli ideali storici di equità e uguaglianza delle opportunità si realizzino meglio attraverso il mercato, la meritocrazia, la concorrenza, anziché attraverso politiche stataliste e dirigiste.
Con pazienza certosina ed esempi in quantità industriale i due autori provano a spiegare - con un linguaggio assolutamente accessibile ai più - perché è di sinistra difendere "il merito e non il censo, il libero mercato e non le lobby, i diritti del cittadino e non lo spreco di denaro pubblico". Senza meritocrazia - dicono perentori Alesina e Giavazzi - le professioni si tramandano ai figli come titoli nobiliari, senza concorrenza il consumatore è ricattato dai grandi monopoli, senza controlli i ‘fannulloni' continuano a gravare sulle tasche dei contribuenti.
Se la sinistra vuole ancora vincere le elezioni, avvertono senza mezzi termini i due economisti, deve varare al più presto ulteriori misure di liberalizzazione: le ‘lenzuolate' varate dal ministro Bersani nel gennaio di quest'anno costituiscono infatti un piccolo passo avanti, ma non sono sufficienti.
È necessario, in particolare, intervenire con efficacia in settori-chiave come l'energia, i trasporti e la finanza. Sollecitazioni, quelle contenute nel libro, che hanno buone possibilità di essere accolte dall'ala riformista del governo che fa capo a Romano Prodi, ma che difficilmente troveranno cittadinanza in ‘Bertinottilandia' e dintorni.

2) SOCIALISMO LIBERALE, un pensiero politico così attuale
Carlo e Nello Rosselli vengono assassinati il 9 giugno 1937 a Bagnoles-de-l’Orne da una squadra di fascisti del gruppo terroristico La Cagoule. Per questa generazione di antifascisti si deve partire dal dato biografico. Parliamo degli eredi della tradizione risorgimentale che seppero fare, come Mazzini, della politica una religione civile, della lotta politica un magistero laico. Questi “chierici”, cui va aggiunto Piero Gobetti, ancora a Torino, e Tommaso Fiore, nel Mezzogiorno d’Italia, solo per indicare alcuni, intrecciarono così intimamente opera e biografia, da porsi direttamente, con la loro vita e le loro azioni, quali testimoni del loro programma politico. All’ombra dello scontro storico tra grandi movimenti organizzati, tuttavia, queste personalità furono “perle” slegate dalle grandi masse popolari protagoniste del secolo scorso e per questo sempre relegate ad essere “splendide” minoranze. Eppure dopo il fallimento del comunismo, la battaglia di pensiero all’interno della sinistra storica l’hanno vinta loro. Resta, infatti, di drammatica attualità la domanda dalla quale parte questo fondamentale saggio politico di Carlo Rosselli: «Come riaffermare le irrinunciabili esigenze dei principi fondamentali del liberalismo senza rinunciare al socialismo come fine?»
Il libro apparve per la prima volta a Parigi nel 1930 e, in realtà, pone una questione ancora oggi aperta, finito il Novecento, nel dibattito politico, non solo nazionale: come conciliare, in un contesto economicamente efficiente, libertà individuale e giustizia sociale. Il punto centrale della risposta offerta dal Socialismo liberale di Rosselli è Marx ed il superamento del suo pensiero. Il saggio, infatti, parte proprio da una sintesi del pensiero marxista e dei diversi revisionismi – considerati altrettanto inadeguati – cui vengono dedicati i primi quattro capitoli. Il quinto capitolo è quello nodale che ha per titolo, infatti, Il superamento del marxismo. Come lo stesso autore precisa, non si tratta di ritornare a concezioni ingenue del socialismo, ma di dare a Marx il giusto ruolo nell’ambito del pensiero politico, quello che, ad esempio, Kant occupa nel pensiero filosofico. Quanto al superamento, la chiave di volta sta nel riaffermare la supremazia dei fini su quella dei mezzi. «Lo storicismo e l’utopismo di Marx gli fanno teorizzare il mezzo – la socializzazione – e dispregiare il fine – l’umanità. (…) Il socialismo, più che uno stato esteriore da realizzare, è, per il singolo, un programma di vita da realizzare». Nel sesto capitolo arriva la proposta del socialismo liberale: «Ormai la tendenza è (…) in favore di forme di conduzione per quanto possibile autonome, sciolte, correlative ai vari tipi di imprese, che ne rispettino le tanto varie esigenze: forme municipali, cooperative, sindacali, gildiste, trustiste, forme miste, con innesto dell’interesse generale sul particolare, forme individuali e familiari, a seconda delle tradizioni, della tecnica, dell’ambiente, ecc. Dello stato industriale, agricoltore, commerciante, tutti hanno uno scarso concetto (…)». Il modello di socialismo che propone nel capitolo VIII prende a modello il laburismo inglese, perché antimarxista, antideologico, federativo, come pensiero; l’esperienza del self-government americano, come azione.
Un capitolo a parte è quello dedicato alla Lotta per la libertà nel quale Rosselli si fa carico di rinnovare la memoria e l’insegnamento laico di Gobetti. In particolare, ne riprende la profonda analisi del fascismo e ne rinnova la grande intuizione che il problema principale in Italia è quello della libertà e che per la prima volta nella nostra storia questo nodo – la rivendicazione dei diritti fondamentali dell’individuo e del principio dell’autogoverno – si è posto e si pone ancora come problema di un intero popolo e non solo di una ristretta setta di iniziati. La modernità del pensiero di Rosselli e di tutto il filone del socialismo liberale sta nella sua “liquidità” rispetto ad una società che si coglie già estremamente complessa e stratificata, «in un mondo in continua vertiginosa trasformazione». Un pensiero politico così attuale da aver lasciato tracce feconde nelle riflessioni di John Rawls e in tempi ancora più recenti di Amartya Sen, nel più ampio dibattito sulla Democrazia del futuro, tutta da riscrivere, tanto nei contenuti, quanto nelle formule.

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Rinasce il PARTITO SOCIALISTA

- LAVORO PIÙ SICURO PER I GIOVANI
- PROMUOVERE LA SCUOLA DI TUTTI
- DIFENDERE LA LAICITÀ E AMPLIARE I DIRITTI CIVILI
- RIFORMARE LO STATO PER SUPERARE L’ANTIPOLITICA

LA FLESSIBILITÀ È DIVENTATA PRECARIETÀ, diffondendo uno stato di disagio assai profondo tra i giovani ed anche tra i meno giovani. I socialisti chiedono l’introduzione di una vasta politica di ammortizzatori sociali, che completino la legge Biagi, consentendo passaggi meno precari verso un lavoro sicuro.
FORMAZIONE E ISTRUZIONE: i governi della Repubblica dovrebbero applicare la Costituzione che prevede la centralità della scuola pubblica; questa, in quanto aperta a tutti, gratuita, e non dovendo essere un organismo di parte – con preferenze ideologiche o religiose – è l’istituzione che meglio può e deve garantire il libero sviluppo dei figli di tutti i nostri concittadini, senza far pesare le differenze sociali, di sesso e di religione; purtroppo non si perde occasione per favorire le scuole confessionali e creare svantaggi per le scuole statali. Ritornare alla Costituzione repubblicana è l’impegno dei socialisti.
DIRITTI CIVILI: i socialisti invocano parole chiare sul tema della laicità dello Stato. Troppo spesso restiamo isolati nelle nostre battaglie politiche e parlamentari contro i privilegi delle gerarchie ecclesiastiche, dall’otto per mille all’esenzione Ici per le attività commerciali, camuffate da servizi sociali o luoghi di culto. Tutte le battaglie che stiamo conducendo sul terreno della laicità e dei diritti civili, a cominciare dalla libertà della ricerca o dal riconoscimento delle coppie di fatto o e dalla modifica della legge sulla procreazione assistita, avvengono su questioni già risolte nelle grandi democrazie europee. Camminare insieme all’ Europa laica e civile è l’invito dei socialisti.
ANTIPOLITICA E COSTI DELLA POLITICA: la principale risposta alla ventata di antipolitica che si sta abbattendo sulle istituzioni democratiche è una governabilità democratica efficiente. La debolezza del sistema politico è evidente e deriva innanzitutto dalle profonde divisioni delle classi dirigenti della c.d. seconda repubblica, che invece di impegnarsi assieme per risolvere i problemi del paese, occupano larga parte del proprio tempo in una lotta senza quartiere per spartirsi il potere.

RIFORMISMO E SOCIALISMO: Il Partito Socialista – che nel nostro Paese sta rinascendo in questi mesi - esiste già in tutti i paesi europei; non è l’ennesima anomalia italiana ma al contrario, un recupero di normalità. C'è bisogno di questa forza riformista per superare il paradosso italiano: l'esistenza di tantissimi riformisti e la realizzazione di pochissime riforme. Il partito che vogliamo è una forza della Sinistra ancorata ai valori del Socialismo democratico, decisa a tutelare la laicità dello Stato continuamente aggredita e troppo spesso negata, animata dalla volontà di difendere gli interessi del mondo del lavoro in continuo dialogo con il movimento sindacale, impegnata a contribuire a valorizzare il ruolo dell’impresa al fine di favorire uno sviluppo sostenibile, capace di far crescere la società nella coesione sociale e nell'unità nazionale e determinata a collaborare attivamente nella famiglia Socialismo europeo.

VIENI ANCHE TU NEL PARTITO SOCIALISTA – contattaci sul siti
www.sdionline.it - www.socialistitrentini.it - www.socialisti.bz.it

I RIFORMISTI IN EUROPA E IN ITALIA SONO NEL PARTITO SOCIALISTA – P.S.E.

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NONOSTANTE LE CATTIVERIE DI BALLARDINI, C’E’ UN FUTURO PER IL SOCIALISMO DI MARCA EUROPEA

Quando Renato Ballardini tirerà il fiato e sarà un po’ più clemente coi suoi precedenti compagni e col Partito socialista? Anche in concomitanza con il suo 80° compleanno – traguardo d’umana mitezza più che di riapertura di contenziosi - Ballardini non viene meno alla sua nota specialità di questi anni: ed eccolo dunque, nell’ ultimo editoriale su QT del 13 ottobre, pronto a spargere il suo sarcasmo sul fatto che “è rinato il Psi, caratterizzato soprattutto dalla proclamata adesione al Partito Socialista Europeo. E sta bene – continua – anche se l’Internazionale Socialista dei giorni nostri non brilla molto. Dove sono i Willy Brandt, i Bruno Kreisky, gli Olaf Palme che un tempo illustrarono la sua storia?”.
Ma come, compagno Ballardini, non ti sei accorto di un premier come Zapatero, di una donna innovativa – che avrà un bel futuro nella storia socialista europea - come Segolene Royal, di un militante che continua le antiche battagli di libertà come il greco Papandreu, di un’altra socialista intrepida come la presidente cilena Bachelet? Sono nomi – solo per citarne alcuni – che possono competere, eccome, con le grandi personalità citate da Ballardini per magnificare il passato e disistimare il futuro.
Intristisce poi il fatto che Ballardini “resti di stucco” di fronte alla scelta del sen. Gavino Angius di non aderire al nascente Partito democratico, preferendo promuovere la rinascita del Partito Socialista “ritrovandosi in compagnia con Gianni de Michelis”. Evidentemente con quest’ultimo nome Ballardini intende evocare la stagione di “Mani pulite” che ha colpito soprattutto il Psi – salvando altri partiti – senza risolvere in modo convincente (anzi - secondo taluni osservatori - peggiorando) il problema dei rapporti della politica con l’economia. Pensando invece alla buona politica, molta gente di sinistra potrà giudicare più dignitoso – come reputa Angius – militare in un rinascente Partito socialista piuttosto che in un Partito democratico intrigato da componenti integraliste e retrograde: qui non c’è solo la teodem Binetti e il neoclericale Rutelli, ma anche l’integralista Rosy Bindi, che non a caso è crollata sul burqa, dichiarando a pochi giorni dal voto per la segreteria del Pd: «Come vogliamo vedere i crocifissi nelle nostre aule dobbiamo essere rispettosi del velo con cui le islamiche si coprono il volto». Volti coperti? Crocefissi? Eppure chi vuol dare lezioni ad altri, come Ballardini, ha scelto la Bindi come candidata segretaria. Ma va là…
Ma anche dal punto di vista morale il Partito Socialista si presenta meglio di altri. I suoi militanti – quelli vecchi che ritornano e quelli nuovi – sanno di dare liberamente il loro contributo ad una buona causa, con più coerenza di altri: qui non ci sono posti o prebende da spartire, intrighi finanziari da sponsorizzare, come invece può accadere in un partito “pigliatutto” come il neonato Pd; o come è accaduto recentemente per il caso “dirigenza Ds – Unipol di Consorte”, che ha tenuto aperto il capitolo dei rapporti coi soldi e con operazioni poco pulite del maggior partito della sinistra.
E qui verrebbe da chiedere: tra i tanti moralisti mendaci che si reputano di sinistra, chi – dopo essersi esercitato moltissimo su altri affari - ha davvero meditato sull’ affaire riguardante gli intrecci tra Consorte e il tesoriere e la dirigenza dei Ds? Ma per risalire alle fonti di tutto questo, rimando al libro scritto recentemente da uno storico progressista come Salvatore Sechi intitolato “Compagno cittadino” (Rubettino ed.), di cui è apparsa anche in regione una recensione sul giornale “Trentino” del 15 febbraio 2007 intitolata: “Armi e tangenti, l’altra storia del Pci”. Si sa che tra i “moralizzatori dei costumi altrui”, di questo e di altro si è voluto e si vuol continuare a tacere o parlar poco, per poter meglio infierire su esponenti del centro-sinistra originario e sugli esponenti del Psi in particolare dipinti come “depravati ladroni”. Eppure anche per il nome additato da Ballardini – l’on. de Michelis – potrebbe ben valere quello che un magistrato insospettabile come Gerardo D’Ambrosio disse di Craxi in un’intervista del 1996: “ La sua molla non era l’arricchimento personale, ma la politica”. Come è stata la politica – una politica partecipata e organizzata nelle migliaia di sezioni comunali, non una politica fatta di bandiere di plastica, di talk-show televisivi, di liste preconfezionate da un unico centralizzato tavolino romano, sia a destra che a sinistra – ad animare l’impegno della stragrande maggioranza dei militanti socialisti, dando con lealtà e coerenza al proprio partito molto più di quanto hanno ricevuto. Non solo non hanno rubato, ma – a proposito di dare ed avere - neppure godono di vitalizi come quelli di Renato Ballardini, ammontanti a più di 9.000 euro lordi mensili, maturati facendo 5 legislature a nome del Psi; partito da lui poi abbandonato nell’ottobre 1981, solo due mesi dopo non essere stato “designato dal partito” - come lui aveva testualmente invitato Craxi a fare con lettera del 3 agosto 1981 – quale candidato alla Corte costituzionale. Da allora e dopo il suo approdo al Pci, perché nessuno gli muova osservazioni su questi due punti e su altro, sostiene ossessivamente di essere stato “espulso” dal Psi su ordine di un Craxi “dittatore”. Eppure parlano le cronache d’allora: Ballardini, assieme a 17 membri del Comitato centrale Psi - lo riporta un giornale insospettabile come “la Repubblica” del 4 ottobre 1981 - si fece “promotore di una mini-scissione” dal Psi, proponimento subito ribadito sul quotidiano “Alto Adige” del 6 e 7 ottobre con una titolazione inequivocabile “Ballardini: perché lascio il Psi”. La pretesa espulsione - da Ballardini spesso brandita come una medaglia al merito contro il “craxismo” (ma con Craxi, almeno fino alla citata lettera dell’agosto 1981 per la nomina costituzionale, ebbe rapporti più che civili…), arrivò inevitabilmente dopo la promozione della sua “mini-scissione” dal Psi.
Qual è il sugo di questa storia? La querelle è un po’ meschina, piena zeppa di moralismo mendace, ma svela soprattutto un fatto politico-culturale. Noi socialisti trentini non siamo mai stati craxiani osservanti, ma in molti abbiamo riconosciuto a Craxi di aver svolto per la sinistra riformista un ruolo rilevante. E’ quello che Ballardini vuole negargli recisamente, pur non disdegnando di rivolgersi a lui per questioni di incarichi pubblici. Meraviglia assai che quello che Ballardini non vuole concedere, venga invece onestamente ammesso da Piero Fassino. Questi scrive nel suo libro “Per passione” (Rizzoli ed.): “Craxi è uomo profondamente di sinistra. Autonomista, anche all’epoca del fronte popolare, ha uno spiccato senso dell’identità socialista rispetto all’area maggioritaria della sinistra italiana, quella comunista. Certo, Craxi non esita a fare della competizione a sinistra, puntando ad accrescere le difficoltà del Pci,inducendoci a reagire nel modo peggiore. Ma resta il fatto che il Pci non appare capace, negli anni ’80, di affrontare il tema della modernizzazione dell’Italia, spingendo così ceti innovatori e produttivi verso chi, come Craxi, dimostra di comprenderli”.
Riporto questi pensieri per ribadire che il Psi – nonostante tutte le critiche che gli piovvero addosso da destra e manca, continuò ad essere un partito progressista di prima fila; non a caso – nei “craxiani” anni ’80 - si confermò ancora come il partito di Riccardo Lombardi e Sandro Pertini finché vissero, e di Norberto Bobbio e Francesco De Martino finché esistette il partito. Con queste personalità tantissimi altri compagni continuarono a militare nel Psi.
Renato Ballardini no. Dopo essere stato eletto dai militanti del Psi per ben 5 legislature, li abbandonò: “lascio i socialisti” scrisse sul citato “Alto Adige” del 7 ottobre 1981, considerando il loro partito guidato da Craxi “senza principi, spregiudicato, intollerante”. Eppure molti di noi (naturalmente anche prima di leggere il menzionato libro di Fassino) hanno questo convincimento: che il movimento progressista per trovare in Italia una buona strada dovrà ripercorre quella che Craxi meglio di altri aveva imboccato, la via del socialismo riformista e liberale di marca europea. Se Ballardini avversa questa prospettiva e finisce per votare la cattolica integralista Bindi, rischia purtroppo di diventare uno dei tanti “cattivi maestri” che intristiscono la sinistra nostrana.


Nicola Zoller, socialista dal 17° anno d’età



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