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Avanti col PS
25.12.2007

INFO SOCIALISTA 25 Dicembre 2007
a cura di n.zoller@trentinoweb.it - per la Costituente del PARTITO SOCIALISTA in Trentino-Alto Adige collegata all'azione nazionale dei socialisti e del centro sinistra -
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Quindicinale - Anno 4°




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Sommario:
o UN LIBRO, per cominciare: Critica a “IL LIBERISMO E' DI SINISTRA” – di Matteo Salvetti
o Boselli: obiettivo della campagna di adesioni, 100mila iscritti
o C’è un avvenire per il socialismo – di Nicola Zoller
o La verità su Ballardini /Costruiamo il Partito Socialista, non il PD con la Bindi - di Renato Bertolini

Matteo Salvetti, 27 anni, laureato in Sviluppo e cooperazione locale ed internazionale presso la facoltà di Scienze politiche di Bologna, inizia con questo articolo la sua collaborazione a “Info Socialista”. Su prossimo numero riporteremo una sua nota per il Congresso di ricostituzione del Partito socialista del febbraio 2008


IL LIBERISMO È DI SINISTRA? UNA CRITICA AL LIBRO DI A. ALESINA E F. GIAVAZZI

Alberto Alesina, professore di politica economica presso l’’Università di Harvard, e Francesco Gavazzi, titolare della cattedra di economia politica all’Università Bocconi di Milano, sostengono nel breve volume “ Il liberismo è di sinistra” cinque tesi fondamentali, la comprensione delle quali dovrebbe, nella loro ottica, aiutare la sinistra italiana ad uscire dal conservatorismo imposto dalla paura di perdere il consenso di alcune determinanti categorie sociali (come ad esempio quella dei pensionati). Per gli autori la meritocrazia è di sinistra, liberalizzare i mercati è di sinistra, riformare il mercato del lavoro è di sinistra , ridurre la spesa pubblica è di sinistra mentre il capitalismo di Stato non è di sinistra.
Per quanto riguarda alcune delle teorie esposte non si può che convenire con l’opinione dei due professori: appare evidente come in Italia esistano categorie intoccabili, privilegi di “casta” e un capitalismo arretrato di matrice familiare pronto ad invocare l’aiuto statale nei momenti di crisi del tutto incapace di affrontare il rischio imprenditoriale che dovrebbe sussistere in un mercato davvero “libero”. In tal senso basterà ricordare semplicemente i contributi statali versati alla FIAT negli anni di crisi e la perenne crisi di Alitalia.
Va ricordato inoltre come le prime liberalizzazioni decise dal ministro Bersani siano state osteggiate dagli interessi corporativistici di vari gruppi improvvisamente coesi e guidati nella protesta da esponenti della destra (farmacisti, benzinai, taxisti) nonostante i provvedimenti decisi, peraltro già in vigore da anni in altri paesi dell’Unione europea, potessero effettivamente andare a vantaggio dei consumatori italiani.
Sembra evidente inoltre che il sistema del welfare italiano debba essere riformato alla luce del prolungamento dell’attività lavorativa. I pensionati, che tra l’altro nel passato hanno potuto contare addirittura su un loro piccolo partito politico ( alleato sempre con l’opposizione senza badare al colore del governo in carica) rappresentano senza dubbio un importante bacino elettorale che nessuno, in una società vecchia come quella italiana , può permettersi di non considerare.
Questa situazione rischia davvero di immobilizzare il sistema Italia e soprattutto di andare a danno dei giovani che nel frattempo vivono un presente assai difficoltoso che Gavazzi e Alesina non sembrano tuttavia in grado di comprendere fino in fondo. I punti più oscuri e discutibili del loro lavoro sono a mio avviso proprio quelli che maggiormente interessano il mondo giovanile.
Trovo davvero ingiuste le critiche mosse al sistema universitario italiano, ma si potrebbe dire al sistema universitario dell’Europa continentale in genere.
Molte volte, nelle classifiche internazionali le università italiane ricevono punteggi piuttosto bassi che le collocano di molto dietro alle inglesi, americane e cinesi. Ci dovrebbe per lo meno consolare il fatto d’essere in buona compagnia con altre università del vecchio continente.
L’utilità di queste classificazioni è tuttavia molto relativa e ci spinge ad interrogarci su quali siano i reali obiettivi del “sapere universitario” impartito. Secondo la visione degli autori di “Il liberismo è di sinistra” ogni università prestigiosa che si rispetti dovrebbe avere l’obiettivo dichiarato di creare “cervelli” capaci di innovare. Per stimolare la competizione in tal senso sarebbero giuste anche tasse elevate , che costringerebbero a quanto pare gli studenti ad impegnarsi più in profondità nello studio con minore perdita di tempo ( consci del fatto che ogni ritardo sarà pagato caro) .
Le università, del tutto privatizzate secondo l’ottica degli autori, dovrebbero sostenersi su base contributiva da parte degli utenti ( gli studenti, o meglio le loro famiglie). Gavazzi e Alesina prendono atto che all’università (cosa che dovrebbe far riflettere un qualunque pensatore di sinistra) possono accedere solo studenti provenienti da famiglie ricche: proprio da questi verrebbero i maggiori introiti per far funzionare un sistema che dovrebbe prevedere anche borse di studio per i meno abbienti. Questa non è una novità: in Italia le università non sono gratuite e le tasse da pagare sono pure piuttosto elevate rispetto al resto d’Europa (in alcuni Paesi non esistono nemmeno: vedi Germania) . Esenzioni e riduzioni sono previste dal tanto criticato “diritto allo studio” venendo calcolate su base reddituale, patrimoniale e per merito .
Ma non è questo il punto. Il sapere dovrebbe essere davvero alla portata di tutti perché l’università non dovrebbe solamente servire alla produzione in massa di manager ed ingegneri (come avviene in Cina) quanto alla formazione di cittadini consapevoli e democratici. In tal senso difendere il diritto di studio è pienamente di sinistra e non un retaggio vetero comunista.
Ogni persona dovrebbe inoltre sentirsi libera di sviluppare le proprie capacità ed i propri interessi in un’ ottica che va tutta a vantaggio della collettività . Per contro oggi in Cina, un sistema fortemente “meritocratico” ogni possibilità di iscrizione al corso di studio prescelto è fortemente pianificata dal governo che vigila sul sistema attraverso un complicato sistema di esami. Lo scopo è quello di “sfornare” una quantità prestabilita di ingegneri, architetti , manager etc etc. È questa la strada da percorrere? È una strada “di sinistra”?
Alcune università europee non prevedono il pagamento di tasse universitarie. È il caso della Humboldt Universitaet di Berlino nella quale ho trascorso quasi un anno della mia vita come studente. Mi sono trovato di fronte ad un’università prestigiosa con un alto livello d’insegnamento ed un’organizzazione burocratica ineccepibile. Ricordo ancora il mo stupore nel ricevere all’atto di immatricolazione dall’università berlinese ben 150 Euro come Begrussungsgeld : si tratta di un contributo a fondo perduto che la città di Berlino concede agli studenti che provengono da altri Laender tedeschi o altri Stati.
Sarà per questo e per il costo della vita piuttosto basso che Berlino è oggi una città che sa attrarre i “cervelli” di mezzo mondo .Qui si incontrano infatti studenti provenienti dal Caucaso, dall’Africa e dalle remote lande dell’Asia centrale. Certamente alcuni di essi ritorneranno nelle loro patrie al termine degli studi, ma altri rimarranno e, così come fecero gli Ugonotti francesi rifugiatisi nella capitale tedesca a seguito delle persecuzioni religiose, contribuiranno attivamente alla crescita della loro città e della Germania.
L’Italia, per contro, non ha capacità di attrarre studenti stranieri anche perché l’efficienza della burocrazia italiana è tristemente nota anche fuori dai confini nazionali. Per questo motivo gli studenti stranieri sono una minoranza nei nostri atenei.
Come se non bastasse avviare la procedura per la richiesta di borsa di studio è in Italia relativamente semplice ma, per mancanza di corrette informazioni e vari cavilli burocratici , solo una minima parte dei richiedenti accede alla riduzione/esenzione dalle tasse.
Sarebbe di sinistra rendere la procedura per l’assegnazione della borsa di studio più semplice e trasparente.
Va contato inoltre che, in Italia, il costo degli affitti per gli studenti è terribilmente alto. A Bologna c’è chi spende 180 Euro in tripla , 250 Euro in doppia e più di 350 in singola al mese con scarse probabilità di ottenere un posto letto in uno studentato ( per la mancanza di strutture e la solita immane burocrazia da sbrigare).
Sarebbe di sinistra fornire più alloggi per gli studenti.
Nonostante tutte queste disfunzioni di sistema e la precaria situazione economica (e la stretta dipendenza dal reddito familiare) i laureati italiani conoscono molte cose e, pur non eccellendo negli ambiti scientifici, competono tranquillamente per conoscenze con i loro colleghi americani ed inglesi che risultano peraltro avvantaggiati dal fatto di essere di madre lingua inglese in un modo che utilizza sempre più questa lingua per i traffici e i commerci globali.
Trovo inoltre inaccettabile in “Il liberismo è di sinistra” la critica alla presunta scarsa propensione al rischio dei giovani italiani. Nella descrizione degli autori i giovani neolaureati preferirebbero un lavoro a tempo indeterminato scarsamente retribuito e noioso ad una non meglio definito contratto di lavoro determinato ma più interessante. Non si accorgono , gli autori, che i giovani italiani si trovano sempre più come Icaro a volare con delle ali di cera verso il sole del futuro lavorativo.
Andrebbe ricordato agli autori che i giovani italiani rimangono nella casa dei genitori più a lungo dei loro colleghi europei e non certo per il “mammismo” italiano. In altri stati nordici a governo socialdemocratico vari interventi finanziari sono stati pianificati (Finlandia) per facilitare in tempi brevi il distacco dei figli dalla famiglia d’origine già dopo i 18 anni. Un’amica finlandese mi riferì di come suo fratello, 22 anni, fosse oggetto di scherno da parte dei suoi coetanei perché viveva ancora nel “nido” familiare.
I giovani Italiani, vista l’assenza di adeguati sussidi di disoccupazione, in un mondo del lavoro sempre più caratterizzato dalla precarietà, si tengono ben stretto qualsiasi lavoro consenta loro di raggiungere un seppur minimo livello di autonomia.
In questo senso c’è una grossa differenza “di classe” tra chi può scegliere il lavoro da professare e chi invece deve accontentarsi di una professione che non tiene molto spesso in considerazione il background di conoscenze maturate precedentemente. In particolare nel settore privato, le assunzioni avvengono spesso per passa parola, raccomandazioni e passaggio di testimoni tra padre –padrone e figlio-padroncino.
Rischiare in Italia può portare ancora più in basso chi già parte svantaggiato nella lotta per i “posti che contano” (molto spesso già occupati da altri) e in ogni caso allunga i tempi della dipendenza finanziaria dalla famiglia d’origine. In questo senso siamo ben distanti dal sistema danese di Flex security : tutto è stato dato alla flessibilità, niente alla sicurezza del posto di lavoro.
Riformare il mercato del lavoro e cercare di aumentare l’e possibilità di incontro tra domanda e offerta di lavoro in modo tale da diminuire la disoccupazione e il livello di lavoro nero nel nostro paese. Questi erano i principi cardine della riforma Biagi. A conti fatti possiamo dire che oggi per un giovane è certamente più facile accedere al mondo del lavoro grazie anche alla diffusione delle agenzie del lavoro interinale (solo a Rovereto conto 7 agenzie di lavoro interinale: Vedior, Obiettivo Lavoro, Generale Industrielle, manpower, Adecco, Randstad, Start People per una popolazione di circa 40.000 abitanti) e alle risorse informatiche di internet ( vari siti internet , tra i quali il più conosciuto è quello di “Monster” agiscono come agenzie del lavoro in rete) .
Risulta tuttavia molto più difficile di un tempo arrivare alla stipula di un contratto a tempo indeterminato, punto di partenza fondamentale nella vita di chiunque per poter arrivare all’indipendenza economica e per poter ottenere l’acceso ad un mutuo presso una banca.
La precarietà diffusa, lungi dall’essere affrontata come un problema ha finito per creare un mercato di servizi ai “precari”: una categoria sociale ben distinta con le proprie esigenze e le proprie, ristrette, disponibilità finanziarie. Ecco così le banche progettare mutui e prestiti “agevolati” ad hoc per chi non dispone del tanto desiderato contratto a tempo indeterminato. Nascono pure servizi “low cost” per adattarsi ad una clientela colta ma con basse disponibilità economiche.
Sarà pur vero, come sostengono Alesina e Gavazzi, che il mercato e la concorrenza abbassa i prezzi ( si fa nel testo l’esempio della compagnia aerea Easy Jet e delle altre “rivali” che si spartiscono le rotte interne europee) ma questo non fa altro a ben guardare che dividere i consumatori italiani in due categorie ben distinte: i ricchi che continueranno a usufruire di servizi efficienti e costosi e i “precari” costretti ad accontentarsi della seconda scelta.
Una persona di sinistra dovrebbe preoccuparsi della nascita di questo “mercato alternativo “ dei prodotti low cost (dalle compagnie aeree alle automobili fino ai servizi bancari) perché sono il sintomo di una società polarizzata tra ricchi e poveri. Gli autori stessi ammettono peraltro di dare idealmente la priorità alla lotta contro la povertà piuttosto che combattere la disuguaglianza dei redditi non accorgendosi di come i due concetti siano indissolubilmente concatenati.
Il mercato lasciato libero a se stesso, va detto, è tutt’altro che un toccasana. Stranamente i due professori non citano quasi mai la situazione statunitense: il basso grado medio d’istruzione degli studenti americani (alti tassi di analfabetismo) , i problemi del welfare-inesistente-americano , le discriminazioni sociali delle minoranze e la “fobice” che si sta aprendo sempre più nella società americana tra ricchi e poveri aggravata dalla situazione finanziaria dei mutui subprime.
Alesina e Gavazzi in chiusura giungono perfino a mitizzare la figura di Margareth Tatcher che dovrebbe essere, a loro modi di vedere, un esempio per una sinistra moderna.
Dimenticano questi studiosi sé dicenti “di sinistra” la repressione degli scioperi, la chiusura traumatica delle miniere nel 1984, le detenzioni politiche ( nel 1981 9 prigionieri politici irlandesi si lasciarono morire di fame in carcere) fino all’impopolare introduzione della “Pol tax” , una tassa indiretta , che segnò il suo tramonto politico.
Si inneggia inoltre a Sarkozy, il neo eletto presidente francese, come ad un innovatore liquidando in poche frasi la campagna della socialista Segolene Royale come” ricalco della vecchia piattaforma socialista: maggiore equità contributiva, aumento stipendi minimi, nessun cambiamento della legge del lavoro che tutela gli anziani a scapito dei più giovani ..una strada verso il declino politico ed economico “.
Con gioia viene commentata la vittoria dei conservatori in Svezia , praticamente da sempre governata da governi socialdemocratici. Poco importa se i conservatori si trovino già alle prese con un crescente calo di consensi. Si preferisce inoltre ignorare il fatto che la Svezia sia uno dei pochi paesi europei ospitali verso gli immigrati regolari, dove le disuguaglianze sono più ridotte, dove il welfare state basato su politica contributiva pubblica (tasse elevate, lotta all’evasione e redistribuzione in servizi gratuiti del gettito fiscale) non solo funziona , ma garantisca agli svedesi alti livelli di qualità della vita.
Lacuna importante è anche l’assenza di ogni riferimento alla politica di Zapatero , premier socialista spagnolo, che ha portato la Spagna ad essere un paese economicamente in crescita senza dimenticare la difesa dei giovani e l’equità della distribuzione dei redditi.,
Bisognerebbe insomma ricordare ai due studiosi come la crescita del PIL vada ad aumentare solo relativamente il livello di soddisfazione e felicità della popolazione. Da tempo anche economisti illustri (come il nobel Amartya Sen) hanno messo in discussione l’idea che la ricchezza di una nazione si possa misurare dalla crescita percentuale del PIl. Da sfatare anche il mito che, uno Stato efficiente non debba avere debito pubblico.
Un esempio chiarificatore viene dall’esperienza della Romania comunista. Grazie alle iniziative economiche di Gheorgiu Dej la Romania poteva vantare una crescita del PIL superiore perfino a quella del Giappone durante gli anni 60. Ceausescu nel 1989 riuscì ripagare tutto il debito pubblico, ma questo non lo salvò dal patibolo, di fronte ad una popolazione sempre più affamata ed infelice.
Va ricordato inoltre ai due autori , che sfiorano appena l’argomento, come il liberismo introdotto nei paesi dell’Ex Patto di Varsavia ( molti dei quali ora facenti parte dell’Unione Europea) abbia prodotto società fortemente diseguali.
Per le strade di Varsavia come a Bucarest e a Mosca sfilano le auto di chi con il liberismo si è arricchito e riesce a guadagnare in proporzione più di 100 volte uno stipendio medio. Le imprese dell’Europa occidentale hanno trovato un nuovo “spazio vitale” ad Est sfruttando i costi bassi della manodopera: la Skoda è di proprietà tedesca, La Fiat produce le nuove 500 in Polonia , la Renault in Romania. Gli aerei in partenza da Venezia sono carichi di imprenditori veneti in visita alle loro filiali romene.
Accadono così fenomeni particolari: da una parte la clientela polacca, dopo la tedesca, costituisce per numero di arrivi il secondo gruppo più importante per la società di turismo Trentino Spa che punta molto a questo nuovo mercato del cosiddetto “Est Europa” . Dall’altra assistiamo all’immigrazione polacca in Trentino per i lavori stagionali (vendemmia, raccolta mele) e soprattutto per quanto riguarda il flusso delle cosiddette “badanti” : una vera e propria risorsa per il welfare state provinciale.
Una visone obiettiva del liberismo non può limitarsi quindi ai soli effetti visibili a livello di politiche locali o nazionali ma dovrebbe anche guardare alle profonde disuguaglianze che esso produce nella distribuzione del reddito tra le varie regioni globali. Una visione socialista e davvero riformista non può infatti chiudere gli occhi di fronte a tutto questo avendo sempre come obbiettivo quello di cambiare e migliorare il mondo.
Per tutti questi motivi, in conclusione, non convince del tutto il titolo del libro di Alberto Alesina e Francesco Gavazzi al quale andrebbe aggiunto per lo meno un punto di domanda.

Matteo Salvetti

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BOSELLI: obiettivo della campagna di adesioni, 100mila iscritti

In vista del congresso fondativo del Partito socialista, e' partita la campagna di adesioni. Obiettivo, 100mila iscritti entro la fine di gennaio. Enrico Boselli, leader dello Sdi e promotore della costituente insieme agli altri spezzoni della diaspora socialista, parla con l'Adnkronos della grande mobilitazione che ha già raggiunto le 300 assemblee territoriali, con la partecipazione di circa 100mila persone, e delle aspettative in previsione del congresso di febbraio. “La parola d'ordine e': europeo, riformista e laico, ecco il Partito socialista –continua- La campagna di adesioni partita il primo dicembre avviene in modo diretto, personale: ci si iscrive al partito attraverso il versamento di un conto corrente o sul sito internet, con la carta di credito. Ad ogni aderente manderemo la tessera a casa”, spiega Boselli sottolineando il principio che vuole “una tessera per ogni iscritto”.
“A metà gennaio poi –ha annunciato- partirà la seconda fase, con una campagna pubblicitaria sui maggiori quotidiani e sui più importanti portali internet per rivolgerci al grande pubblico”.. Il Ps guarda al futuro, ma resta ben ancorato alle idee e ai valori tradizionali. Boselli non cede un millimetro alla tentazione del partito liquido: 'E' una delle tante anomalie italiane. In tutta Europa, chi fa politica lo fa attraverso i partiti e questi, per quanto pieni di acciacchi, sono considerati lo strumento per partecipare alla politica. Solo in Italia -insiste- ci sono partiti che non devono avere nessuna radice nel passato, nelle grandi idee. Devono essere nuovi... Per rispondere alla crisi dell'antipolitica, in Italia si formano partiti a metà tra Putin e Chavez, in cui si partecipa solo, se si e' fortunati, alla scelta del leader... Noi invece vogliamo un Partito socialista democratico, libero, aperto, che celebra i congressi, che elegge i dirigenti, li rinnova.
I socialisti si pongono come baluardo a difesa della laicità: Il Ps fa parte dell'Internazionale socialista e in tutta Europa i socialisti sono innanzitutto laici, che non vuol dire essere contro la religione, ma contro i fondamentalismi. In questi anni, in Italia, la laicità è messa in discussione. Lo stesso Partito democratico nasce da un compromesso anche su questo punto tra popolari, Margherita e Ds. E, come tutti i compromessi -avverte Boselli- e' ambiguo”.


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C'E' UN AVVENIRE PER IL SOCIALISMO - di Nicola Zoller

Pubblicato quasi integralmente da l’Adige sabato15.12.07 a pp. 1 e 78 con il titolo “Meglio socialisti che democratici”

Nei miei interventi faccio dei riferimenti anche al passato remoto o più recente, ma cerco naturalmente di guardare soprattutto al presente e all’avvenire. Ad esempio nel numero del 10 dicembre 2007 della “InfoSocialista” che appare sul sito www.socialistitrentini.it , comincio con un libro scritto da Molière nel 1664 intitolato “Il Tartufo o l’impostore”: risulta ancora di una attualità stupefacente nella descrizione di “santi truccati” e di “falsi virtuosi”!

Anche nella mia polemica recente con l’ex parlamentare Renato Ballardini – a cui fa riferimento l’intervento di Vincenzo Calì sulla prima pagina de l’Adige del 14 dicembre - bado inevitabilmente ad eventi del passato per provare a ristabilire la verità su talune vicende del Psi, ma mi impegno anche a trarre da esse degli spunti per il nostro futuro. Non mi interessano i veleni, provo a cercare un po’ di verità e di speranza. Proprio in questi giorni ho consegnato alla Biblioteca Civica di Rovereto un "ricerca breve" intitolata non a caso “Ricostruiamo il Partito socialista, nonostante le pene e le polemiche del passato”. Parto dal contenzioso con Ballardini ma mi rivolgo all’avvenire. Ed è di questo che vorrei parlare nel presente articolo per i lettori de l’Adige.
Dunque, in ogni paese del nostro continente c’è la possibilità che una forza politica di orientamento socialista democratico e laburista possa avere un ruolo importante. Noi pensiamo che possa essere così anche per il nostro paese e per il Trentino. C’è anche chi lo nega, preferendo confluire nel Partito democratico, una formazione che unisce cattolici democratici centristi, moderati, ex comunisti e democratici di sinistra. Noi sosteniamo invece che possa riprender fiato una nuova stagione socialista, attingendo anche alle esperienze che il socialismo italiano sviluppò sul finire degli anni’70 e per tutti gli anni’80, quando il Psi si indirizzò verso un socialismo democratico di marca europea valorizzando un filone di pensiero – quello socialista liberale risalente agli insegnamenti di Carlo Rosselli; un insegnamento che ha poi trovato applicazioni anche nelle elaborazioni del “New Labour” inglese e nell’impostazione innovativa impressa dal cancelliere Schröder alla socialdemocrazia tedesca.
Faccio volutamente un riferimento agli anni ’80 (che furono anni di grande vitalità anche per il socialismo trentino, “ i migliori risultati dei socialisti trentini coincidono con quel periodo” scrisse su l’Adige del 12 dicembre 2006 Marco Battisti) proprio perché fu questo il periodo che con l’avvento della cosiddetta “seconda repubblica” è stato più demonizzato. E talvolta l’ostilità più accesa è venuta da movimenti e persone reputate progressiste. Eppure quel periodo tanto demonizzato, comincia ora ad essere diversamente considerato da tanti personaggi di sinistra. Per esempio, l’on. Piero Fassino nel suo libro “Per passione” considera Craxi “uomo profondamente di sinistra” e in grado di comprendere meglio del Pci i problemi della modernizzazione dell’Italia. E nelle tesi di maggioranza al congresso di aprile 2007 dei Ds, Craxi rientra a pieno titolo tra coloro che in campo socialista hanno “rappresentato un filone culturale e politico essenziale della sinistra riformista italiana”.
Richiamo ciò, perché è impensabile la ricostruzione di una sinistra di governo coerente ignorando l’esperienza socialista, che pur con tutti i suoi difetti e le sue cadute resta largamente più significativa e più moderna di altre, come ammette l’on. Fassino.
Per tanti di noi da sempre quell’esperienza socialista degli anni ’80 resta “buona” e la consideriamo una delle fonti a cui possiamo rivolgerci – assieme ad altre altrettanto significative succedutesi poi su scala europea – nella ricostruzione del Partito socialista. Una meta che col congresso nazionale del febbraio 2008 i socialisti intendono raggiungere, contribuendo a ridare fiducia e luce al movimento progressista italiano portandolo fuori dal disorientamento attuale. (n.z.)

LA VERITA' SU BALLARDINI - COSTRUIAMO IL PARTITO SOCIALISTA, NON IL PD CON LA BINDI

Renato Bertolini, assessore socialista di Mori, è intervenuto su l'Adige del 17 dicembre con una nota intitolata "Veleni? No, Zoller dice solo la verità". La riportiamo di seguito:

Nicola Zoller non semina veleni, dice la verità. Su l’Adige del 14 dicembre invece Vincenzo Calì nella polemica tra Zoller e l’ex-onorevole Renato Ballardini prova a difendere quest’ultimo e critica Zoller. Eppure come socialista da sempre – conoscendo le vicende in questione – posso dire di trovare davvero incredibile che Calì definisca “intelligente” la lettera scritta da Ballardini a Bettino Craxi nell’agosto 1981. C’entra l’intelligenza o qualcos’altro? Leggiamo da l’Adige che Ballardini il 3 agosto 1981 scriveva così a Craxi chiedendogli un appoggio personale: “…E’ persino ovvio che io non mi sono mai sognato di diventare giudice costituzionale contro il Partito, mentre non ho difficoltà ad ammettere che sarei ben lieto di diventarlo su designazione del partito”. Ma come? Ah, non si sarebbe mai sognato di diventare giudice contro il Partito? Ma se non erano passati che due mesi e Ballardini ai primi di ottobre 1981 proprio contro il Psi indiceva addirittura una scissione, scrivendo che il partito a cui poco prima si era rivolto con rispetto, era “senza principi, spregiudicato, intollerante”! E’ intelligenza questa o cattiveria o qualcosa d’altro ancora?
Lascia proprio l’amaro in bocca il pensare che come socialisti abbiamo votato Ballardini al Parlamento per cinque legislature (consentendogli grazie a ciò di ottenere fra l’altro un vitalizio di oltre 9.000 euro lordi al mese! ) per poi vedercelo schierato sempre contro dal 1981. E anche ora, dopo che è passato nel Pci e nei Ds, ha aderito al Partito democratico appoggiando Rosy Bindi alla segreteria. Vincenzo Calì elogia anche questo passaggio. Ma invece che andare nel Pd non era meglio, caro Calì, provare a ricostruire un Partito socialista che come in tutta Europa rappresenti una forte e chiara politica riformista?
Renato Bertolini




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