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SECONDA REPUBBLICA ?
10 febbraio 2008

INFO SOCIALISTA 10 febbraio 2008
a cura di n.zoller@trentinoweb.it

- per la Costituente del PARTITO SOCIALISTA in Trentino-Alto Adige
collegata all'azione nazionale dei socialisti e del centro sinistra -
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www.partitosocialistatrentino.it - www.socialisti.bz.it
Quindicinale - Anno 5°


o UN LIBRO, per cominciare: Nick Bertozzi, “CHI VUOLE UCCIDERE PICASSO?”
o Elezioni, il PS con proprie liste e simbolo
o Il bluff della seconda repubblica - di Nicola Zoller
o la ricerca - Craxi e Berlinguer: sinistre a confronto - di Matteo Salvetti


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UN LIBRO, per cominciare ("Tutte le cose del mondo conducono a una citazione o a un libro" Jorge L. Borges)

o Autore: Nick Bertozzi
o Titolo: CHI VUOLE UCCIDERE PICASSO?
o Ed. Guanda, 182 pagine, 14,00 euro

Parigi, inizio del novecento: artisti e intellettuali conducono una vita bohémienne, tra mondanità e marginalità sociale. La Francia è la culla di una corrente artistica che intendeva tornare alla dimensione primigenia, all'infanzia dell'arte, come nel caso del dadaismo. E prima ancora Picasso, tra l'altro divoratore di comics: all'epoca il fumetto statunitense era agli albori. Un'ipotesi "sovversiva" sull'arte moderna tutta da scoprire, in questo giallo ambientato in un'epoca dove l'arte era davvero sovversiva. L'assenzio, qui mezzo favolistico di evasione-prigione nelle tele bidimensionali dell'arte, è l'antitesi delle evasioni nel virtuale. Proprio come la ricerca cubista di Picasso rispetto a quelle stesse tele bidimensionali.

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Elezioni, il PS con proprie liste e simbolo

Boselli: così la gara sarà nel centrosinistra anziché contro la Cdl
Il premier Romano Prodi lasciando la sede del Pd in piazza Sant'Anastasia dopo la riunione del vertice del Pd ha spiegato che "il nodo delle alleanze è stato sciolto e il Pd andrà da solo". Alla dichiarazione dell'ex presidente del consiglio ne sono seguite altre dello stesso tenore da parte di Fioroni, Follini e Franceschini anche se il numero due del Pd non ha escluso accordi sul programma con altri partiti.
“Confermiamo - ha commentato Enrico Boselli - la nostra scelta di presentare il 13 aprile la lista e il simbolo del Partito socialista sia alla Camera che al Senato. Per quanto riguarda il rapporto con il Partito democratico ho già detto altre volte che avremmo accettato volentieri un confronto sulla base di un programma di governo con una chiara e netta impronta riformista. Saremmo stati pronti a discuterne con Veltroni se avesse voluto farlo mentre non ci ha mai interessato l’ipotesi di essere assorbiti nelle liste elettorali del Partito democratico. In questo modo purtroppo – conclude Boselli - la competizione elettorale si svolgerà soprattutto all’interno del centrosinistra anziché nei confronti di quello che dovrebbe essere l’avversario politico naturale rappresentato da Berlusconi e dai partiti del centrodestra”.

Turci e Grillini: i socialisti con proprie liste e proprio simbolo
I socialisti devono prepararsi alle elezioni presentandosi con una propria lista e un proprio simbolo. È la sollecitazione formulata dai parlamentari Lanfranco Turci e Franco Grillini, secondo i quali "è venuto il momento di rompere gli indugi. Ogni giorno in più consumato nell'attesa di un cambiamento di indirizzo del Pd in tema di alleanze con i socialisti è un giorno perduto per la campagna elettorale. Non possiamo permettere che nell'opinione pubblica e fra i nostri elettori passi l'idea che il Partito Socialista affida le sue sorti alla benevolenza del Pd”.
“Un'idea come questa - assicurano i due parlamentari socialisti - indebolisce il nostro rapporto con gli elettori e nuoce alla credibilità del progetto della Costituente Socialista. Chiediamo allo Sdi a alle altre componenti della Costituente di convocare subito il comitato nazionale per preparare una nostra lista autonoma, con al centro il Partito Socialista, aperta a tutte le componenti laiche, liberaldemocratiche e radicali. Esiste una significativa area dell'elettorato che vuole tenere uniti i valori della laicità, della modernizzazione e della giustizia sociale. Solo una forte iniziativa del Partito Socialista – concludono - può dare voce a questa parte dell'opinione pubblica e farla pesare nei futuri equilibri politici del paese”.

Villetti: serve un’alleanza riformista
“Noi presenteremo le nostre liste con il nostro simbolo e il nostro programma sia alla Camera che al Senato”, detto ciò “abbiamo un atteggiamento costruttivo e puntiamo ad un'alleanza riformista”. Così il socialista Roberto Villetti replica a chi gli chiede quale sarà l'atteggiamento della formazione guidata da Enrico Boselli alle prossime elezioni.
In questo senso, Villetti invita il Pd a non chiudere la porta ad eventuali alleanze. “Noi - spiega - siamo del parere che si deve partire dal programma per trovare delle alleanze. Noi non partiamo da un autoisolamento, crediamo che si dovrebbe costruire un'alleanza e questo allo scopo di reggere la sfida con Berlusconi. Non so, ma a me pare strano che si vadano a fare le elezioni dando per scontata la vittoria del centrodestra e puntando a una trasformazione tutta interna al centrosinistra.
La posizione attuale del Pd sembra puntare a una ristrutturazione interna per eliminare tutti a parte la 'Cosa Rossa'. Il punto principale è invece la sfida con Berlusconi. Io non credo che le elezioni la Cdl le abbia già in tasca, possiamo però asfaltargli la strada...”.
Se tutto questo non sarà possibile, i socialisti andranno da soli con un loro programma e “gioco forza, perché lo prevede la legge, un proprio candidato premier”.

Angius: Veltroni vuole regalare il paese alla Cdl prima ancora del voto
"Di fronte al rischio che l'Italia ritorni indietro è necessario un rinnovamento e un cambiamento profondo. Servirà, inoltre, per essere credibili, una forte coesione politica e progettuale da parte delle forze riformiste che si candidano a governare."
Lo afferma il Vice Presidente del Senato ed esponente del Partito socialista, Gavino Angius.
"In ogni caso e comunque - prosegue Angius - il Partito socialista, con il suo simbolo e le sue liste, sarà presente alle prossime elezioni per la Camera dei Deputati e per il Senato della Repubblica. Per i socialisti l'unica discriminante è il fermo ancoraggio ad un programma su cui costruire l'alleanza per il governo dell'Italia che si occupi di salari e stipendi, di lavoro, di sicurezza, di stato sociale e di diritti civili. Ci preoccupano le troppe discordanze e le immotivate chiusure, criticate oggi anche da Parisi, di esponenti del Partito democratico. Il rischio - conclude Angius - è di regalare prima ancora del voto il governo dell'Italia al centro destra."

Turci: andare da soli non sarebbe la fine del mondo
“Se le dichiarazioni di Veltroni contro l’alleanza del PD con i Socialisti sono soltanto un bluff, - afferma Lanfranco Turci, parlamentare socialista - gli consiglierei di calare le carte al più presto. Per un verso credo che non possa proprio contare di trovare qualche dirigente socialista pronto a rinunciare al simbolo del PS in cambio dell’ospitalità nelle liste del Partito Democratico. Per altro verso – aggiunge Turci - questo dichiarato rifiuto sta alimentando vieppiù nell’area socialista i propositi, già anche prima presenti, di andare comunque da soli. Pur non negando il realismo di chi ancora continua a puntare a una nostra coalizione con il Partito Democratico, ritengo che l’ipotesi di andare da soli, misurandosi con la difficile soglia del quattro per cento, sia quella in ultima istanza più coerente con il progetto di dar vita a un autonomo soggetto socialista capace di sfidare in prospettiva lo stesso Partito Democratico e di reggere per una legislatura anche l’eventuale esclusione dal Parlamento”.

Craxi a Fioroni: lealtà dei socialisti non conta?
"Il ministro Fioroni sostiene che socialisti e radicali non sono 'compatibili con noi'. Innanzitutto: noi chi? Quanto a lui, democristiano relativamente di lungo corso, vale la pena ricordargli che le forze laiche hanno governato in coalizione con la Dc per quasi mezzo secolo e che nessuno, nella Dc, si è mai messo in testa di chiedere ai propri alleati di sciogliersi nel loro partito. Evidentemente, la lealtà socialista e radicale di questa legislatura, per non parlare dei voti che gli hanno consentito di diventare ministro, non contano nulla. Auguri”. Lo afferma Vittorio Craxi del Partito Socialista.

Del Bue: i socialisti non sono alleabili
"E' davvero originale che il Pd voglia comporre un'alleanza riformista senza i socialisti e con il "riformista" Di Pietro. Credo - afferma Mauro Del Bue - che il Partito socialista debba prepararsi ad andare al voto con una lista autonoma, aperta ai compagni radicali, con un candidato premier. L'appello va rivolto a tutti i socialisti, compresi quelli che come Caldoro sono discriminati da Berlusconi, a tutti i laici, i liberaldemocratici, i repubblicani per un' "Alleanza riformista credibile" e senza discriminazioni neppure verso chi, come Veltroni e altri, proviene dal Pci o verso chi, come Fioroni e altri, è invece figlio della vecchia Dc. I socialisti non sono alleabili, sono alleati o autonomi. Non si metteranno in lista d'attesa per esami del sangue, con un dna riformista francamente riconoscibile in Italia e in Europa. E, mi sia consentito ricordarlo, dopo aver superato gli anni della loro persecuzione politica. Occorre uno scatto d'orgoglio. Non una fiduciosa attesa".

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IL BLUFF DELLA SECONDA REPUBBLICA

di Nicola Zoller
dal giornale "TRENTINO" del 2 febbraio 2008 - rubrica curata da Franco de Battaglia

Molti sono stati i tentativi di fondare una "seconda"
repubblica dopo la caduta della “prima”. Ma se c’era
bisogno di cambiare, se i partiti democratici avevano
sbagliato, purtroppo i rimedi sono stati peggiori del male.
Con l’acqua sporca si è buttato via anche il bambino,
cioè quella positiva possibilità di partecipazione
democratica che poi via via è diminuita anziché
aumentare. Solo per fare l’esempio dei sistemi elettorali
– di cui tanto si continua a dibattere anche in questo
giorni– si ricorderà che in precedenza col tanto
“disprezzato” sistema proporzionale il voto di ogni
cittadino aveva lo stesso peso e valore di quello di un
altro e si poteva anche esprimere la preferenza, oltre che
per il partito prescelto, anche per i candidati. Poi col
sistema maggioritario (e con la proposizione – senza
preventive elezioni primarie da parte dei cittadini
sostenitori – di un nome secco da collocare nei vari
collegi uninominali ad opera dei due poli politici) e ora
con l’attuale legge “porcata” senza possibilità di
esprimere preferenze per i candidati, si sono ristretti i
diritti dei cittadini ed enormemente aumentati i poteri di
quelle “cupole” partitiche nazionali di cui – con
tante parole a vanvera – si voleva limitare l’influenza.
Si è fatto l’opposto. Tutta la “grande” politica è
nelle mani di pochi circoli e “tavoli” nazionali che
spadroneggiano con l’ausilio di imponenti mezzi mediatici
e finanziari, mentre a livello locale imperversa lo
strapotere del rispettivo “partito del governatore” o
del “partito del sindaco”. Forse ci vorrà ancora
tempo a svelare l’inganno: ma già d’ora l’opinione
pubblica comincia ad avvertire la pochezza del personalismo
plebiscitario insito nei sistemi elettorali dell’ultimo
decennio, inaugurati da “un presuntuoso nuovismo tutta
immagine, tutta comunicazione, tutto pubbliche relazioni e
autopromozione” come rileva Pierluigi Battista in un
recente editoriale sul 'Corriere della Sera' dedicato alla
“seconda repubblica”. “E’ più di una delusione
– continua – è la scoperta di un bluff durato 15
anni” passati a maledire i vecchi partiti e a travolgere
nel disonore la “prima repubblica” ripudiata come un
“medioevo”. Ora, sotto la spazzatura di Napoli c’è
il nulla della “nuova epoca”. Ma anche il Nord – come
scrive Ilvo Diamanti su 'la Repubblica' della scorsa
settimana – è caduto nella disistima di se stesso, in un
“inverno civile” con poche speranze di primavere. Per
l’ambasciatore Sergio Romano è “la politica che
affonda”, anziché “fondare” su basi più serie una
rinomata “seconda repubblica” che non abbiamo mai visto.
E ora, sull’onda di quanto successo in questi anni e
aspettando l’esito delle prossime schermaglie politiche ed
elettorali, vien proprio alla mente quel passo del
“Gattopardo”: “Il futuro sarà diverso, ma
peggiore”.

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documenti
CRAXI E BERLINGUER: SINISTRE A CONFRONTO

di Matteo Salvetti

Nel giorno in cui va in scena al Senato la fine del Governo Prodi e di quella che Ezio Mauro su “Repubblica” chiama “l’idea di un’ampia coalizione che raggruppa assieme tutto ciò che è alternativo alla destra, comunque assimilato e dovunque porti la risultante” vanno in onda su Rai Tre a notte inoltrata per la trasmissione “Correva l’anno “ le carriere politiche di due tra le più significative personalità della storia della sinistra italiana: Bettino Craxi ed Enrico Berlinguer.
Mentre scorrono le immagini si delinea agli occhi del telespettatore un’Italia assai diversa da quella attuale inserita in un contesto storico dominato dalle contrapposizioni dettate dalla Guerra Fredda.
L’Europa stessa è spaccata: da una parte i governi delle democrazie occidentali, dall’altra l’esperimento sociale ed economico delle cosiddette “democrazie popolari” , argomento di riflessione nei partiti della sinistra europea “dell’ovest”.
Proprio a seguito di numerosi viaggi nei Paesi comunisti dell’Europa centro orientale Bettino Craxi, accorgendosi dell’impoverimento materiale e umano causato dal socialismo realizzato abbraccia con convinzione l’idea che già fu di Carlo Rosselli di un socialismo liberale spogliato dal determinismo e dal materialismo storico della dottrina marxista. A colui che diverrà in seguito il leader del PSI appariva già allora necessario denunciare con chiarezza le aberrazioni delle dittature comuniste che, in ultima istanza, attentavano soprattutto agli stessi interessi delle classi lavoratrici.
Nello stesso periodo anche Berlinguer si confrontava con l’URSS arrivando alla conclusione che il comunismo in Italia andava inserito necessariamente in un quadro politico democratico garante delle libertà di espressione e parola. Ebbe la forza ed il coraggio, il leader del PCI, di ribadire quelle idee “eretiche” di fronte allo stesso Breznev, che dopo le aperture alla distensione di Kruscev stava ripristinando in Russia il rispetto dell’ortodossia comunista. Non mancarono peraltro dissensi profondi da questa linea all’interno del suo stesso partito al quale, improvvisamente e in modo traumatico, veniva a mancare quel punto di riferimento che l’Unione Sovietica era stata sin dalla sua fondazione.
Il colpo di stato organizzato da Pinochet con l’aiuto della CIA in Cile finì paradossalmente per allontanare le posizioni del PSI e del PCI proprio in un momento nel quale, forse con lo scontento di parte della sua base politica, il Partito comunista italiano sotto la guida di Berlinguer stava cercando di aprirsi agli ideali di un socialismo democratico per certi versi non dissimile a quello pensato dallo stesso Craxi. Il leader del PCI decise infatti proprio in seguito a questo avvenimento di avviare una collaborazione con la sinistra democristiana di Aldo Moro estromettendo dalle alleanze i compagni del PSI. Berlinguer riteneva che un governo a maggioranza di sinistra PCI-PSI avrebbe causato per reazione una riorganizzazione delle forze conservatrici e reazionarie in chiave eversiva . Col senno di poi si trattò di un errore di valutazione del quale avvertiamo le conseguenze politiche ancora oggi.
Craxi dal canto suo non credeva intimamente alla svolta ideologica del PCI temendo inoltre che questa portata alle estreme conseguenze potesse togliere al PSI la sua stessa ragione d’essere come forza socialdemocratica riformista. Anche in questo caso, se si considera in prospettiva il bene della sinistra, si trattó di uno sbaglio.
Come ricorda Valdo Spini ( “ La fine di un partito-Il Psi dal 1992 al 1994- di Carmine Pinto-Ed. Riuniti”) l’ex Segretario De Martino riteneva che la funzione del PSI fosse per così dire “ a termine”: il partito socialista avrebbe dovuto accompagnare il processo di “revisione” interno al PCI cessando di esistere nel momento della piena partecipazione di quest’ultimo al governo. Craxi credeva invece fermamente che il PSI potesse ancora vincere il duello per l’”egemonia a sinistra” nonostante, dal Dopoguerra, il PCI avesse sempre ottenuto percentuali di voto nettamente superiori potendo disporre di una organizzazione vasta e capillare su tutto il territorio italiano. Forse anche per questo egli lavorò, incoraggiato dall’atteggiamento dello stesso Berlinguer (nel filmato di ricorda la riluttanza con la quale Berlinguer cercava il contatto e il dialogo con Craxi- che pure in quanto socialista avrebbe dovuto essere il suo interlocutore privilegiato) scavando un netto fossato ideologico tra i due partiti. Va ricordato peraltro che Craxi collocò senza ambiguità il PSI nell’Internazionale socialista e nel socialismo europeo, organismi allora visti con diffidenza dal PCI, mostrando così tutta la modernità del suo messaggio politico.
La contrapposizione tra i due leader fece così sembrare PCI e PSI assai diversi ma entrambi provenivano dalla stessa tradizione politica di sinistra e quindi, per richiamare Norberto Bobbio, davano la priorità nella lotta politica alla salvaguardia del fondamentale principo dell’uguaglianza degli uomini al di là della loro provenienza sociale, religiosa o di genere. Nonostante questo mancò sempre, a causa soprattutto dei tempi storici avversi, la volontà di creare anche in Italia un soggetto politico comune che cogliesse lo spirito della socialdemocrazia europea.
La caduta del Muro di Berlino trovó parte della sinistra italiana già pronta a prendere le distanze dal comunismo di tipo sovietico. Il PCI divenne PDS e non mancarono scissioni a sinistra che diedero vita a Rifondazione comunista e ai “puristi” Comunisti italiani. Esplose contemporaneamente a destra il fenomeno politico della Lega, un partito che in poco tempo arriverà nel Nord del Paese ad eleggere propri sindaci con l’appoggio , a volte, dello stesso PDS che non seppe inquadrare in questa fase iniziale la pericolosità della retorica leghista.
Gli eventi di Tangentopoli e le indagini della magistratura fecero sparire il PSI ma soprattutto il craxismo e diedero il via alla cosiddetta “diaspora socialista”. Alcuni compagni decisero di militare nel PDS, praticamente l’unico partito di sinistra rimasto in vita, mentre altri, privati di una “casa politica” e soprattutto accecati dall’anticomunismo radicalizzarono le loro posizioni a tal punto da ritrovarsi a destra alleati di quegli stessi fascisti combattuti dai loro padri nella Resistenza. Sarà questo il lascito di quegli avvenimenti più difficile da digerire per chi non smetterà mai di dirsi con fierezza socialista: il sentirsi affiancare a Berlusconi e alle sue alleanze che certamente niente hanno a che spartire con i valori socialisti. Pochi ricordano invece come meriterebbero grandi socialisti del passato come Turati, Nenni, Pertini, Bobbio, Matteotti e i vari, numerosi, martiri della guerra di Liberazione: le vie delle noste città portano spesso i loro nomi nell’indifferenza dei passanti (si pensi solo a figure storiche come Manci, Bettini, Matteotti e Battisti: solo per fare un esempio legato alla nostra regione). Da questo punto ideale, decisamente autocritico, dovrà necessariamente partire la storia del Partito socialista del futuro.
Sembra quasi un’ironia del destino la proiezione di questo documentario in uno dei giorni più bui per la storia della sinistra italiana. Ci fa rimpiangere il passato mentre sul futuro aleggiano ombre pesanti: il ritorno di Berlusconi e della sua abile quanto oppotunista corte politica al potere. I sondaggi favorevoli fanno infatti optare con sicurezza i partiti di destra per la scelta rapida delle elezioni anticipate. Leggo sull’ultimo “Venerdì di Repubblica” come perfino “La Destra” , il nuovo partito di Storace abbia consolidato una relazione speciale con Berlusconi che garantirà quindi allo stesso anche i preziosi voti del neo squadrismo fascista.
A tutto questo come socialisti non possiamo restare indifferenti: è in gioco non solo la nostra esistenza ma quella della stessa sinistra. Per questo motivo, come insegna una storia che per noi non dovrà più ripetersi, è davvero auspicabile una crescita del dialogo con tutte quelle forze politiche che si riconoscono nella difesa del concetto di eguaglianza memori comunque del fatto che la coerenza politica paga e pagherà sempre, anche nella sconfitta.

(Matteo Salvetti,27 anni, socialista, laureato in Sviluppo e cooperazione locale ed internazionale presso la facoltà di Scienze politiche delll’Università di Bologna, collabora dal dicembre 2007 con la nostra “infoSocialista”)

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