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LA RIMONTA SOCIALISTA
28 marzo 2008data

INFO SOCIALISTA 25 marzo 2008
a cura di n.zoller@trentinoweb.it

- per la Costituente del PARTITO SOCIALISTA in Trentino-Alto Adige
collegata all'azione nazionale dei socialisti e del centro sinistra -
tel. 338-2422592 - fax 0461-944880 Trento/Bolzano: www.socialistitrentini.it
www.partitosocialistatrentino.it - www.socialisti.bz.it
Quindicinale - Anno 5°




* LA RIMONTA SOCIALISTA
o APPELLO DI VALDO SPINI www.waldospini.it - GLI APPUNTAMENTI DEL NOSTRO CAPOLISTA IN REGIONE - LA LISTA DEL PARTITO SOCIALISTA IN TRENTINO  ALTO ADIGE
o NOI SOLI, MA FIERI  di ENRICO BOSELLI www.partitosocialista.it
o QUEL CHE RESTA A SINISTRA, DELLA SINISTRA - di Matteo Salvetti

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L?Istituto Crespi, che ci dà un punto in più in due settimane e Lorien, che ci assegna un ottimo 4%.
Dai sondaggi la rimonta socialista

venerdì 28 marzo 2008
?Alla vigilia del black out sui sondaggi, emerge con chiarezza la rimonta socialista?. Lo afferma Alberto Nigra, candidato del partito socialista e presidente del ?Comitato4%?. ?A poco più di due settimane dal voto ? continua l?esponente socialista - tutti i sondaggi danno infatti un?indicazione univoca: cresce fortemente il numero di elettori che dichiarano la loro propensione a votare per le liste socialiste. Tra gli ultimi in ordine di tempo, Demoskopea, che indica un raddoppio; l?Istituto Crespi, che ci dà un punto in più in due settimane e Lorien, che ci assegna un ottimo 4%. L?opzione socialista è dunque una realtà che comincia a emergere con forza anche nei sondaggi e conferma quanto abbiamo sempre pensato, ovvero che la soglia del 4% è un obbiettivo alla nostra portata, e non come invece vorrebbero farci credere quanti nelle televisioni e nei giornali si sforzano di cancellarci e di impedire che gli elettori siano informati per scegliere liberamente?.

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ELEZIONI. PS, APPELLO DI SPINI ? dal sito www.valdospini.it

(IL NOSTRO CAPOLISTA, CHE CANDIDA ANCHE IN FRIULI - VENEZIA GIULIA E NELLA SUA TOSCANA - SARA' IN TRENTINO - ALTO ADIGE SABATO 5 APRILE, IN MATTINATA A BOLZANO E POI NEL POMERIGGIO PRIMA A PERGINE E ALLE 17.30 A ROVERETO; L'ON SPINI CHIUDERA' LA CAMPAGNA ELETTORALE GIOVEDI' 10 APRILE ALLE ORE 17.30 IN PIAZZA PASI A TRENTO)

In queste elezioni, è per la prima volta in forse la sussistenza di un partito del socialismo europeo in Italia. Non solo, ma anche la sussistenza di un partito socialista italiano, che nato nel 1892 a Genova, sia pure con alti e bassi, con pagine più gloriose e altre meno, ha costituito uno dei pilastri insostituibili della democrazia italiana e della stessa Costituzione Repubblicana.
Personalmente posso rivendicare con orgoglio una coerenza politica. Ho sempre militato sotto un simbolo socialista. Dal 1962 al 1994 nel PSI, poi al suo scioglimento nei Laburisti, dal 1998 nei DS quando hanno collocato nel simbolo la rosa del socialismo europeo fino al 2006, quando riuscimmo addirittura a far approvare al Congresso a scrivere per esteso Partito del Socialismo europeo nel simbolo di questa forza politica. Lo scioglimento dei DS nel PD mi ha privato di questo riferimento. Purtroppo la stessa Sinistra Democratica ha abbandonato la costruzione di una nuova forza del socialismo europeo come sua missione prevalente.
Quindi con altri compagni provenienti dai DS ho accettato la sfida della Costituente Socialista, lanciata con un manifesto che abbiamo firmato insieme con Enrico Boselli e Gavino Angius.
Sapevamo che il cammino della Costituente Socialista non sarebbe stato facile. Né il PD né la stessa Sinistra Arcobaleno hanno interesse ad avere davanti come pietra di inciampo un partito che fa parte a pieno titolo del socialismo europeo e che, invece, a vario titolo e a vario modo, si vuole superare o ridefinire o dichiarare in crisi in attesa che la sua malattia sia guarita da pretesi sapientoni italiani.
Ma certo, il trattamento che ai socialisti è stato fatto in queste elezioni da parte del Partito Democratico, e cioè il diniego di un apparentamento che invece si è permesso ad una forza dichiaratamente non di sinistra, ad un partito personalistico come quello dell?Italia dei Valori, è chiaramente inaccettabile. Il tutto condito con attacchi ad alta voce o frasi sussurrate a mezza voce chiaramente insultanti e in netto contrasto con la campagna elettorale ?soft? che si dice di voler condurre. Si è stati soft con Berlusconi ma si è stati duri con il Partito Socialista. Quanto alla Sinistra Arcobaleno ha effettuato subito un fuoco di sbarramento scoraggiando ogni contatto e perfino ogni ipotesi di desistenza al Senato.
Di fronte a tutto ciò la scelta del Partito Socialista di correre da solo è stata estremamente dignitosa. Le stesse vicende dei radicali dimostrano quanto sarebbe stato indecoroso e scivoloso accettare la proposta di consegnare qualche nome al PD perché li mettesse nelle proprie liste.
So bene che il comportamento tenuto dal Partito Socialista durante la crisi del Governo Prodi, la stessa sottovalutazione dell?aggressione che il PD avrebbe avuto nei nostri confronti hanno provocato e provocano legittime critiche nei confronti del gruppo dirigente del Partito. So anche bene, che pur in presenza di una situazione così drammatica, vecchie pratiche personalistiche si sono nuovamente manifestate. Ma in gioco non è un gruppo dirigente; è la stessa vita del Partito ad essere messa in causa. Ma non è solo il problema di un partito. E?una situazione politica generale ad essere estremamente preoccupante. Dall?evidente attacco alla laicità dello Stato, alle intenzioni da varie parti manifestate di distruggere conquiste socialiste come lo Statuto dei Diritti dei Lavoratori, è tutto un contesto che richiede la presenza di una forza del socialismo riformista, laica e democratica, che non abbandona la propria identità, ma è capace di rinnovarla così come hanno fatto i partiti del socialismo europeo a cominciare dal PSOE di Zapatero.
Per questo sento il dovere di mettere a disposizione non solo di un Partito, ma di un?idea, quella di Matteotti e di Pertini, quel patrimonio di esperienza, di proposte programmatiche, di relazioni e di consensi che la mia lunga vita parlamentare mi ha permesso di costruire. In tal senso non credo che sia il caso di guardarsi intorno né di sgomitare con questo o con quello. Sarebbe del tutto assurdo in una situazione del genere. Guardare avanti, rimboccarsi le maniche e chiarire all?Italia il perché ci battiamo per la sopravvivenza del Partito Socialista italiano e perché facciamo appello a tutti coloro che possono sentire questa esigenza perché si uniscano a noi nella battaglia elettorale e nel voto.

LISTA del PARTITO SOCIALISTA PER LA CAMERA DEI DEPUTATI in TRENTINO-ALTO ADIGE:

1- on.Spini Valdo, CAPOLISTA, nato a Firenze il 20.1.1946,
professore universitario, deputato al Parlamento;
seguono in ordine alfabetico:
2- Bertinazzo Alessandro, nato a Bronzolo (BZ) il
09.12.1958, funzionario provinciale, segretario Socialista
dell'Alto Adige
3- Bosetti Stefano, nato a S.Lorenzo in Banale il
09.01.1956, medico, consigliere comunale di Trento
4- Calì Vincenzo,nato a Milano il 31.10. 1945, storico,
già direttore del Museo Storico in Trento
5- Capra Zanetti Carla, nata a Carzano (TN) il 29.4.1958,
ragioniere resp. d'azienda,consigliera circoscrizionale a
Trento
6- Gretter Graziano, nato a Trento il 13.05.1960,tecnico
azienda sanitaria, cons.comunale di Pergine
7- Pagani Stefano, nato a Bolzano il 08.06.1961, perito elettronico,
assessore comunale di Bolzano
8- Sangalli Riedmiller Ilda, nata a Milano 02.06.1950,
laureata in scienze dell'educazione, ex dirigente
sindacale
9- Sembianti Renata, nata a Merano (BZ) il 02.04.1949,
commissaria naz.le FCI, fed. it. ciclismo
10- Zoller Nicola, nato a Rovereto il 07.09.1955, responsabile
commerciale d'azienda, segretario regionale Socialista

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NOI, SOLI MA FIERI -di ENRICO BOSELLI

Rivista MONDOPERAIO - MARZO-APRILE 2008 - in www.partitosocialista.it

È arrivata per il Partito socialista, con lo scioglimento delle Camere e le elezioni anticipate, una sfida assai impegnativa com?è quella di superare la soglia dello sbarramento del 4%, per poter essere presenti nel nuovo Parlamento. Il nostro rifiuto di confluire nel Partito democratico non nasce da un pregiudizio, ma dalla nostra volontà politica di mantenere vivo il patrimonio ideale e politico del socialismo italiano. Se si fosse solo trattato di salvare un ceto politico, avremmo potuto accettare il diktat di Veltroni. Avremmo, però, così concluso la storia del socialismo. La posta è alta, ma se tutto il Partito si mobiliterà è un traguardo raggiungibile. Il Partito socialista è ora in campo per affrontare le elezioni con il suo simbolo e la sua lista. Le nostre difficoltà sono derivate, più che dal gesto di Veltroni, dal fatto che siamo stati colti a metà del guado, mentre era in corso la Costituente socialista. Finalmente abbiamo superato la diaspora che aveva visto i socialisti non solo divisi in differenti partiti, ma persino collocati in differenti schieramenti di maggioranza come di opposizione. A questo importante risultato siamo pervenuti mantenendo la collocazione storica e politica dei socialisti a sinistra, da tutti considerata del tutto naturale.Il Partito socialista di oggi è comunque una realtà che non ha messo assieme solo coloro che provengono dall?esperienza del Psi e del Psdi, ma ha una maggiore ampiezza, ideale e politica. Sono fondatori del nuovo Partito rilevanti esponenti politici che dopo l?89 hanno preso come riferimento il Partito socialista europeo. Questo processo, se avessimo avuto più tempo, si sarebbe potuto allargare e rafforzare. La sinistra di Mussi uscita dai Ds nell?ultimo Congresso nazionale di Firenze ha preferito andare a costituire, con Rifondazione comunista, i Comunisti italiani e i Verdi, la Sinistra Arcobaleno. Si è trattato di una scelta assai contraddittoria. Con Rifondazione, infatti, s?imbocca una strada che è ben diversa da quella del riformismo e di una sinistra di governo e si rompono inevitabilmente i legami con il Partito socialista europeo. Noi, come socialisti, siamo oggi gli unici ad avere chiaro e fermo l?ancoraggio al Pse. Il Partito democratico, invece, con le elezioni europee del 2009 dovrà sciogliere il nodo della sua collocazione internazionale. Finora gli europarlamentari del Pd sono restati nelle rispettive posizioni di partenza: gli eletti della ex Margherita sono collocati nel gruppo liberale e quelli dell?ex Ds sono nel gruppo socialista. Ancora oggi Massimo D?Alema è vice presidente dell?Internazionale socialista. È evidente che questa ambiguità non potrà essere mantenuta a lungo. Non pare, però, ipotizzabile che il Pd potrà fare una scelta netta: chi viene dai Ds vorrebbe restare nel Pse e non accetterebbe di confluire nel gruppo liberale; invece che viene dalla Margherita rifiuta di andare a finire nel Pse. Questa situazione ha determinato un vero e proprio stallo. Non essendo immaginabile una prova di forza, con un voto a maggioranza all?interno del nuovo partito, è facilmente ipotizzabile che il Pd resterà in un limbo politico in Europa. Questa situazione è già imbarazzante per sé e diviene ancora più problematica se in Italia continua a esistere, come avverrà, un partito socialista che ha ben saldi i suoi rapporti con il Pse e con l?Internazionale socialista. Liberarsi di questa spina nel fianco, ed evitare il rischio che il Partito socialista possa ritrovare un proprio spazio politico consistente, è alla base della decisione di Veltroni di cercare di chiudere subito la partita. L?alleanza tra Pd e socialisti, che sarebbe stata del tutto naturale, non è stata fatta al solo scopo di farci affrontare una soglia di sbarramento più elevata, sperando che non riusciremo a superarla. Emarginare i socialisti significa per il Pd non avere in Italia un partito che si richiami al socialismo europeo. Ciò significa che il Pse, se vorrà avere rapporti con l?Italia, dovrà comunque fare il conto con il Pd, sia o non sia nella famiglia del socialismo europeo. Così ci si verrebbe a trovare in Italia senza un riferimento al socialismo europeo, caso unico nelle grandi democrazie europee. Persino dopo il 1948, quando il Psi fece la scelta frontista, confluendo in un?unica lista comune con il Pci, restarono i socialdemocratici di Giuseppe Saragat a mantenere un rapporto con il socialismo europeo e così, cosa di notevole significato, furono l?unico partito italiano tra i rifondatori dell?Internazionale socialista.L?operazione messa in campo contro di noi non deriva, quindi, dalla volontà di semplificare la geografia politica italiana e di ridurre la frammentazione politica, ma ha l?obiettivo di spazzare via una formazione che può costituire un punto di attrazione per tutti quegli ex Ds scontenti di una rottura definitiva con il socialismo europeo. È, quindi, quella contro i socialisti una sorta di guerra preventiva.L?arrivo nel Partito socialista di dirigenti politici ex Ds, come Gavino Angius, ha fatto suonare l?allarme. La stessa possibilità che parte dell?ex sinistra Ds, uscita dal congresso di Firenze, potesse considerare alla lunga insostenibile la fusione con Rifondazione comunista e potesse ritornare sui suoi passi aderendo al Partito socialista, non ha fatto che accrescere le preoccupazioni dei vertici del Pd.Del resto, non è casuale che il sostegno alla ripresa di un rapporto tra i democratici e i socialisti sia venuto da Piero Fassino che fu tra gli artefici dell?ingresso del Pds, nato dalla maggioranza del Pci, nell?Internazionale socialista. Fassino ha più volte manifestato la sua convinzione che il Pd debba continuare a collocarsi con quella che è la più grande forza progressista in Europa, costituita dal Pse.Rendersi conto che l?atteggiamento dei vertici ex Ds del Partito democratico nei confronti dei socialisti non è dettato da disattenzione o da scarsa considerazione del nostro peso elettorale attuale, ci fa comprendere meglio il ruolo importante che possiamo svolgere in Italia e in Europa.Con preoccupazione si è guardato alla simpatia che i laici liberali e progressisti, hanno manifestato verso i socialisti. A parole il gruppo dirigente ex Ds del Partito democratico svaluta le contraddizioni che nascono dal mettere insieme laici, credenti e non credenti, con integralisti cattolici. Veltroni è arrivato a dire che i temi etici devono restare estranei alla campagna elettorale contro ogni evidenza. Non c?è soltanto l?iniziativa polemica crudamente e odiosamente portata avanti dal direttore de ?Il Foglio? Giuliano Ferrara, o le impuntature medievali dei teo-dem, che fanno riaprire una questione che sembrava ormai chiusa. È in atto, infatti, un?offensiva in grande stile dei vertici ? e non tutti ? della gerarchia ecclesiastica per svuotare, se non abolire, la legge sull?aborto e negare il diritto al riconoscimento delle unioni di fatto.La laicità è il vero tallone di Achille del Partito democratico e tutti ne sono consapevoli. Su questo terreno infatti, non sono mancate mosse del Pd che hanno un carattere evidentemente difensivo. Tutta l?operazione di inglobare i radicali nelle liste del Pd ha avuto come scopo quello di bilanciare la Bonino con la Binetti. Si tenta, anche in questo caso, di togliere argomenti politici ai socialisti, per tentare di colpirli meglio. L?accordo con i radicali ha comportato però un peggioramento dei rapporti tra il Pd e i vertici della Chiesa. Questa oscillazione di posizioni scontenta, infatti, sia laici sia gli integralisti; incrina gravemente i rapporti con le donne, con i gay e con il mondo della ricerca scientifica; non può soddisfare né chi vuole difendere né chi vuole abolire la legge sull?aborto. Appare un pasticcio che non può piacere a nessuno. Oggi, in campo in questa consultazione elettorale vi è solo un partito laico, che è quello socialista, con caratteristiche identiche a quelle delle altre forze del socialismo europeo e come ha sottolineato lo storico Massimo Salvadori: ?Salvo il Ps non c?è altra forza politica che faccia riferimento al socialismo europeo, al Pse: è questo un aspetto preoccupante dell?anomalia italiana?. Si vuole offuscare questo dato ma non ci si riuscirà.La questione della laicità è destinata comunque a riproporsi nel nuovo Parlamento. Berlusconi, dato per vincitore, ha infatti dismesso i panni del laico per assumere quelli del Cavaliere clericale (Roma come Parigi val bene una messa) e su questi terreni insidierà il Pd. Lo farà anche come difesa nei confronti dell?Udc di Casini che dopo aver respinto il diktat di Berlusconi marcia da solo ma con la benedizione del Cardinale Ruini. Quella di Casini è davvero un?occasione mancata. L?ex presidente della Camera non ha avuto il coraggio di smarcarsi da Berlusconi in occasione della crisi del governo Prodi e di riaprire così i giochi sulla legge elettorale e sulla riforma istituzionale. Casini è un problema per Berlusconi ma anche per Veltroni. Se si deve votare laico, la scelta più chiara è il Partito socialista; se si deve votare integralista è l?Udc di Casini.L?Italia non ha bisogno certo di un centro clericale ma, semmai, di un centro laico che dialoghi con la sinistra riformista. A questa prospettiva erano interessati esponenti del mondo dell?impresa e della finanza, che invece non sono affatto disposti a seguire la strada che porta a Piazza San Pietro.Come nelle vecchie strategie militari i vertici del Pd hanno cercato di rafforzare i punti più vulnerabili del proprio castello: quello della collocazione politica in Europa e quello della laicità nei rapporti tra Stato e Chiesa.Noi socialisti non siamo stati trattati come alleati ma come nemici da eliminare letteralmente dalla scena politica. Non hanno contato nulla né i nostri rapporti di alleanza, né la storia comune. Questo volume di fuoco diretto contro i socialisti è stato accompagnato da un preoccupante silenzio da parte della stampa e della tv, rotto solo in qualche occasione, da editorialisti come Stefano Folli su ?Il Sole 24 Ore?. Ciò che sembra una sottovalutazione del nostro partito, invece mette in luce il ruolo strategico che possiamo avere e rende ancora più forte e fondata la motivazione che ci ha portato a mantenere ferma la nostra decisione di presentare comunque il nostro simbolo e la nostra lista alle prossime elezioni politiche.Noi socialisti siamo un giocatore che compete in questa campagna elettorale e che ha ancora maggiori possibilità di influenza in futuro. Nulla, quindi, a che vedere con l?idea che si vorrebbe far prevalere nell?opinione pubblica sulla nostra inutilità nella competizione elettorale.I vertici del Partito democratico si sono impegnati in questa azione difensiva e preventiva solo perché hanno dato per scontata la vittoria di Berlusconi. A questa logica corrisponde il divorzio consensuale e pacifico tra il Pd e la Cosa Rossa sulla base del ?tanto neppure insieme possiamo vincere? e l?esclusione di qualsiasi possibilità di arrivare ad un?alleanza riformista più larga possibile. Lo schema è ormai chiaro: dato che non possiamo vincere contro Berlusconi tanto grande è il distacco, allora non ci resta che bilanciare una sconfitta annunciata, puntando ad un successo elettorale del Pd. Tutti, infatti si rendono conto che, se il Pd prendesse meno della somma dei voti dei Ds e della Margherita, tutta la costruzione del Partito democratico tremerebbe e andrebbe probabilmente in crisi. Questo è il motivo per cui secondo una classica logica di fazione del tutto estranea agli interessi del Paese, è più importante il successo elettorale di partito rispetto alla vittoria contro Berlusconi.Questa esclusione di una alleanza con i socialisti non può essere neppure giustificata con il fatto che il Pd corre da solo, come era stato annunciato ad Orvieto. Si è fatta una mini-coalizione Veltroni-Di Pietro. Quest?alleanza non ha come scopo quello di rendere più credibile e forte la sfida con Berlusconi, ma soltanto quello di cercare di sterilizzare un possibile concorrente sul terreno dell?antipolitica. La copertura politica da parte di Di Pietro ha funzionato, almeno parzialmente, nel caso Bassolino. Di Pietro non ha risparmiato critiche al presidente della Regione Campania, ma lo ha fatto con un basso profilo. Perché Antonio Di Pietro e Beppe Grillo sono stati considerati così insidiosi? I vertici del Pd sono stti molto colpiti dal profondo distacco tra cittadini e classe politica, che è stato visto come un pericolo, ma come un?occasione per trarne un vantaggio elettorale. Tutta la carrellata di candidature, fatta con un criterio da Arca di Noè, un esemplare sociale per ciascuna categoria, risponde proprio a questa scelta di scommettere sull?antipolitica. Persino la brutale cacciata di De Mita corrisponde a questo schema. Chi si muove sul terreno dell?antipolitica, luogo privilegiato di iniziativa delle destre, se ne accorga o meno, lascia un vuoto che è quello della politica. Questa scelta, scontenta sia chi pensa che i partiti siano uno schifo sia chi li ritiene indispensabili alla vita democratica.I socialisti italiani hanno un modo di fare politica del tutto simile a quello degli altri partiti socialdemocratici europei. Possono costituire un riferimento per chi considera la politica come partecipazione attiva e non confonde la democrazia né con i plebisciti né con il puro spettacolo. Sono per la democrazia liberale e contro il populismo. Su questo terreno, prima culturale che politico, il Partito socialista è europeo, a differenza del Pd che dal nostro modello continentale prende continuamente le distanze.Le ragioni della nostra esclusione da un?intesa riformista, che non prevedesse lo scioglimento del nostro partito, sono tutte difensive e fragili. Da un?osservazione attenta delle posizioni espresse contro i socialisti, si ricava però la nostra importanza. Non c?è nessun altro che nella sinistra possa sostituirci.Abbiamo le forze per rilanciare il Partito socialista: 74.000 cittadine e cittadini sono andati alle Poste per versare 30 euro per iscriversi. Non sono affatto pochi: si tratta di compagne e di compagni, di antica data o nuovi, ben determinati e consapevoli della propria scelta. Se tutti si impegneranno con passione e convinzione, i socialisti torneranno in Parlamento. Noi siamo una garanzia non solo per la tutela della laicità, per l?ampliamento dei diritti civili e per la difesa della scuola pubblica. Non meno importante è il nostro ruolo sul fronte dei diritti sociali. Siamo, del resto, il partito dello statuto dei diritti dei lavoratori. A noi non ci si può chiedere di indebolire i diritti dei lavoratori, ma di adeguarli alle nuove trasformazioni in atto rendendoli più forti. Questo significa passare da tutele che riguardino il posto di lavoro a sicurezze che coinvolgano ciascun singolo individuo.Noi non siamo affatto contro l?impresa che consideriamo una molla essenziale per il nostro sviluppo. Non dobbiamo neppure riempire di elogi e di ammirazione la Confindustria e i suoi vertici locali e di categoria, per essere dei riformisti credibili che accettano l?economia di mercato e sono contro lo statalismo. Abbiamo combattuto in Parlamento una battaglia per dare sicurezza ai lavoratori flessibili: nell?eventualità che si rimanga disoccupati si deve comunque poter contare su un reddito e su strumenti di riqualificazione e di aggiornamento professionale al fine di reinserirsi al più presto nel mercato del lavoro. Di fronte a questa nostra proposta, che è passata nella Finanziaria solo a livello di principio, non potendo contare su adeguate risorse, noi non abbiamo affatto sentito un sostegno caloroso da parte dei nostri allora alleati di centro sinistra: ciò è avvenuto da parte di Rifondazione Comunista perché questo partito è in linea di principio contrario a qualsiasi tipo di flessibilità; ciò è avvenuto da parte del Pd e non si sa ancora perché sia stata manifestata questa freddezza. Neppure sulla riduzione dei costi della politica e di quelli dei vertici della Pubblica Amministrazione, abbiamo mancato di iniziativa. È solo grazie ad un emendamento di Massimo Villone, appartenente a Sinistra democratica e di uno complementare a quest?ultimo, presentato dal nostro compagno Roberto Villetti, che si sono messi tetti a stipendi scandalosamente alti, talvolta superiori persino a quello del presidente degli Stati Uniti.Il riformismo non consiste in una buona campagna pubblicitaria, anche se nessuno sottovaluta che una buona politica debba essere accompagnata da una buona comunicazione. Non si deve, però, promettere la luna nel pozzo, come fa Veltroni imitando Berlusconi. Così la campagna elettorale diventa solo una commedia all?Italia, con Veltroni nei panni di Arlecchino e Berlusconi in quelli di Pulcinella. Le promesse che si fanno non solo si devono mantenere, una volta vinte le elezioni, ma devono essere credibili indicando dove si prenderanno le risorse per realizzarle. Se ciò non avviene la democrazia degenera in demagogia.Noi non facciamo promesse a vanvera. Siamo una formazione moderna che ha come riferimento i socialisti europei. A chi piace tanto Zapatero o Blair, deve sapere che rivolge la sua ammirazione nei confronti di leader socialisti. Sono leader innovativi che sono andati oltre i confini tradizionali della socialdemocrazia e lo hanno potuto fare proprio perché sono socialisti e quindi non sono legati ad alcun dogma ideologico.È vero, la sfida che ci attende è difficile. Ma il nostro nemico peggiore però sta in noi stessi: si chiama sfiducia, demotivazione, sensazione di non farcela. Se riusciremo a sconfiggere questo fantasma pericoloso, il più sarà fatto e si aprirà la via di una effettiva ripresa dei socialisti in Italia.

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Pubblicato su l?Adige sabato 22 marzo 2008 con il titolo
?Politica senza ideologie ma anche senza idee?

QUEL CHE RESTA DELLA SINISTRA, A SINISTRA - di Matteo Salvetti

Aldo Schiavone su ? la Repubblica? in un trafiletto dal titolo emblematico-? Quel che resta di destra e sinistra?- scrive della diffusione in Italia di quella che definisce una ?neoideologia? basata sulla rassegnazione di fronte al prosciugamento culturale dell?agire politico. Riferisce, il giornalista, del divorzio tra politica e idee e di una politica incapace ormai di esprimere visioni del mondo contrapposte. L?attuale campagna elettorale del resto non ci sta mostrando uno scenario molto diverso da quello sopra delineato. I partiti vengono sempre più gestiti come si amministra un?azienda : l?offerta di idee o presunte tali si differenzia secondo chiare logiche di marketing per attirare la maggiore quantità possibile di ?consumatori? della politica. Agli acquirenti di tale tipologia di prodotto peraltro non è concesso restituire la merce comperata dopo sette giorni: si dovranno aspettare infatti ben cinque anni.
Beppe Grillo in fondo chiedeva solamente una maggiore aderenza tra le promesse elettorali e le loro realizzazioni: un appello che sembra destinato a cadere nuovamente nel vuoto di fronte alla sbornia populista che sta attraversando lo Stivale. La ?guerra? si fa per i sondaggi, non per idee o scelte di coerenza. Le ideologie del resto sono morte, lo ripetono tutti: un mantra che porta stancamente all?autoconvinzione. Eppure non mi convince l?improvviso silenzio di PD e PDL sul rispetto della cosiddetta ?par condicio? e, a dire il vero, poco mi entusiasmano i troppi esponenti del Partito democratico pronti a non dirsi di sinistra. Il Paese ha bisogno di una forza autenticamente progressista e riformista ma ai cittadini viene detto che questo non è possibile, che l?Italia non è la Spagna né tanto meno la Svezia. C?è invece chi, in barba ai sondaggi combatte affinché una sinistra moderna, liberale e laica si affermi anche in Italia, conducendo una campagna elettorale povera di mezzi di fronte a chi può persino permettersi di prendere in affitto locali per farne dei fantomatici ?centri di ascolto? a scopi propagandistici.
E la riduzione dei costi della politica?
La battaglia socialista oggi più che mai si fa proprio per le idee e per promuovere un programma di governo coerente e innovativo, di sinistra senza se e senza ma, per non dover mai più invidiare Zapatero e Segolene Royal ad altri, più fortunati di noi.






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