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5 anni di infoSocialistabr>25.6.2008

INFO SOCIALISTA 25 giugno 2008
a cura di n.zoller@trentinoweb.it
- per la Costituente del PARTITO SOCIALISTA in Trentino-Alto Adige
collegata all'azione nazionale dei socialisti e del centro sinistra -
tel. 338-2422592 - fax 0461-944880 Trento/Bolzano: www.socialistitrentini.it
www.partitosocialistatrentino.it - www.socialisti.bz.it
Quindicinale - Anno 5°
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o 5 anni di infoSocialista
o UN SAGGIO, per cominciare:ATTENTI AI POGROM IN FORMATO XXI SECOLO
o CONGRESSO SOCIALISTA dal 4 al 6 luglio 2008 a MONTECATINI TERME
o 6 giugno:UNA MANIFESTAZIONE CONTRO LA BANALITà DEL MALE
o PROCESSO A MANI PULITE UN'ARRINGA PER LA DIFESA


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5 anni di infoSocialista
Era il 2004 quando venne costituito in Trentino - Alto Adige il Comitato regionale socialista, come forma di coordinamento fra le due Federazioni di Trento e Bolzano, con il compito di occuparsi - come recita il verbale congressuale- "della politicqa regionale, dei rapporti con la Direzione nazionale socialista e con l'ASA, l'associazione socialista delle Alpi, e di quanto ancora potrà essere utile e necessario" per la causa del socialismo riformista. Da allora ho curato ogni quindici giorni la edizione di questa nota informativa e di collegamento, rivolta non solo ai miltitanti di partito ma anche a chi si interessa piu' in generale di cultura, di politica, di amministrazione. E' un impegno che continua e che si collega alle nuove prove che i socialisti vogliono affrontare con il congresso nazionale di Montecatini del 4-5-6 luglio 2008 per il riscatto di una idea antica che continua a guidare tutti i progressisti in Europa per gli alti valori sociali, di giustizia e libertà che continua a proporre anche per il XXI secolo.

Nicola Zoller

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UN SAGGIO, per cominciare ("Tutte le cose del mondo conducono a una citazione o a un libro" Jorge L. Borges)

o Autore: Luca Cefisi
o Titolo:ATTENTI AI POGROM IN FORMATO XXI SECOLO
o da MONDOPERAIO N.1-2008

leggilo su www.mondoperaio.com - (vai in Archivio - cerca in febbraio 2008)

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CONGRESSO SOCIALISTA dal 4 al 6 luglio 2008 a MONTECATINI TERME
Tre documenti congressuali si presentano per rilanciare il PARTITO SOCIALISTA in Italia;
le tre mozioni che saranno discusse in Trentino Alto Adige nei congressi di sabato 28 giugno 2008
(il mattino a Trento, il pomeriggio a Bolzano) si trovano sul sito :




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www.partitosocialista.it



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6 giugno:UNA MANIFESTAZIONE CONTRO LA BANALITA' DEL MALE

Ho preso parte venerdì 6 giugno assieme a Nicola Zoller alla marcia della pace per la convivenza lungo le vie del centro storico di Trento. Una pioggia battente non ha impedito una numerosa e convinta partecipazione della cittadinanza che, ordinata e composta, spesso in un silenzio surreale, ha sfilato a ricordare valori cari da sempre a noi socialisti quali la libertà e l'uguaglianza degli uomini indipendentemente dalle appartenenze di classe, dal colore della pelle, dall'orientamento politico e sessuale. Valeva davvero la pena scendere in piazza per riaffermare l'importanza del dialogo tra culture contro la "strategia della tensione" imposta dai Media nazionali incapaci di dare la dovuta visibilità a quella maggioranza silenziosa di immigrati, anche clandestini, che spesso muoiono nei cantieri di lavoro nell'indifferenza dei salotti buoni del potere e di una cittadinanza colpevolmente disinformata. Non sono infatti tempi facili per i tolleranti, i dialoganti e tutte le persone impegnate a creare ponti tra culture differenti: la retorica xenofoba della Lega, la voglia di pulizia etnica e di pogrom contro i Rom sembrano infatti aver conquistato consensi in larghi strati dell'opinione pubblica italiana. La riuscita manifestazione di Trento ha dimostrato invece che ancora molti cittadini, a dispetto dei recenti risultati elettorali, non si sono arresi a credere che il Fascismo rappresenti davvero, secondo la definizione di Gobetti, l'"autobiografia della nazione" italiana. C'è quindi da augurarsi che il 6 giugno diventi un appuntamento fisso, ricordando tuttavia che i valori della convivenza e dell'uguaglianza vanno difesi, ribaditi ed insegnati ogni giorno per non correre il rischio di cadere in quella che Hannah Arendt ha definito come "la banalità del male": "I macellai del nos tro secolo non hanno la "grandezza" dei demoni: sono dei tecnici, si somigliano e ci assomigliano".

Matteo Salvetti
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Sergio Romano risponde a Mario Segni
PROCESSO A MANI PULITE UN'ARRINGA PER LA DIFESA

da CORRIERE DELLA SERA del 14 giugno 2008

Forse mai abbiamo assistito a un revisionismo così profondo come nel caso di «Mani Pulite». È vero che a partire dal processo Andreotti, si verificarono deviazioni a volte gravi.
Ma è inaccettabile il giudizio storico che una pseudocultura garantista (ma è contro il garantismo processare un politico che ha preso tangenti?) tenta di imporre: quello di uno stravolgimento delle istituzioni che inquinò, o addirittura interruppe, la vita democratica.
Non è vero! Mani Pulite fu innanzi tutto un doveroso intervento della magistratura in una politica che aveva eretto la illiceità a sistema. Suscitò una forte domanda di moralizzazione, purtroppo inevasa. Difendo Mani Pulite anche perché vedo oggi riprodursi alcune delle cause che fecero esplodere la corruzione: il ritorno della partitocrazia senza regole, né controlli, la caduta del senso di legalità, il potere pubblico ancora amplissimo nella economia. Luigi Sturzo scrisse che «dove crescono le male piante della partitocrazia e dello statalismo ne nasce sempre una terza: la corruzione». Ce ne stiamo dimenticando.
Mario Segni
msegni@tin.it

Sergio Romano risponde:

Caro Segni,
Non ho mai avuto dubbi sull'importanza e sull'utilità di Mani Pulite. So che i magistrati si sentirono investiti di una missione nazionale. So che le stalle avevano bisogno di essere ripulite. E credo che abbia ragione chi intravede nell'attuale ondata di giudizi negativi su quel periodo un inconfessabile desiderio di impunità. Vi è una parte della classe dirigente che non intende rinunciare alla facoltà di comprare voti, barattare favori, eludere le regole sul finanziamento dei partiti e, perché no?, arricchirsi. Per questa classe dirigente Mani Pulite è un incubo da esorcizzare.
Ma vi sono aspetti di quella vicenda che non mi piacquero allora e che continuano a non piacermi. Non mi piacque, in primo luogo, che i magistrati fossero del tutto indifferenti alle ricadute politiche delle loro iniziative. Non potevano ignorare che l'amnistia, pochi anni prima, aveva saldato i conti del Partito comunista italiano (finanziato prevalentemente attraverso canali sovietici) e che la loro azione avrebbe colpito soprattutto il settore degli appalti e dei rapporti con le imprese, da cui avevano tratto beneficio principalmente i partiti di centro-sinistra. Non potevano ignorare (lo spettacolo era sotto i loro occhi) che le azioni giudiziarie, condotte con un evidente spirito di crociata, avrebbero creato instabilità e aperto crisi dagli sbocchi imprevedibili.
Non mi piacque in secondo luogo che la magistratura esautorasse le istituzioni politiche. Piaccia o no, quando un fenomeno acquista le dimensioni di Tangentopoli, la terapia deve essere principalmente politica, non giudiziaria. Il discorso con cui Bettino Craxi in Parlamento proclamò una sorta di colpevolezza collettiva e propose una commissione d'inchiesta, aveva un vizio evidente: l'interesse personale dell'oratore. Ma prospettava una soluzione che gli eredi del comunismo, così attenti al primato della politica, avrebbero dovuto accettare.
La respinsero invece perché sapevano di essere meno esposti al rischio delle indagini e preferirono distruggere il nemico. Capirono che la politica stava cedendo il potere alla magistratura? Lo stesso accadde quando Giuliano Amato e Giovanni Conso sottoposero alla firma del presidente della Repubblica un decreto che avrebbe depenalizzato il finanziamento illecito dei partiti politici. Anche quel decreto, come il discorso di Craxi, fu viziato dall'interesse personale dei partiti al governo. Ma il «pronunciamiento » televisivo dei procuratori di Milano fu, a mio avviso, più grave.
Aggiungo, caro Segni, un'ultima considerazione. Mani Pulite si risolse, come era inevitabile, in una decimazione. E aprì un dissidio, altrettanto inevitabile, fra le vittime e gli «impuniti»: un'altra piccola guerra civile di cui il Paese non aveva bisogno.





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