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Monti d'incognite
26 dicembre 2012

INFO SOCIALISTA 26 dicembre 2012 - Trento/Bolzano: www.socialistitrentini.it / www.socialisti.bz.it Sito nazionale PSI: www.partitosocialista.it Quindicinale - Anno IX


Sommario:

1. Un Libro per cominciare: “La vita è scettica” di Nicola Zoller, ed. Temi, Trento, 2012 – terza edizione, p. 188, - in libreria DISERTORI (Trento) e BLU LIBRI (Rovereto)

2. Nencini: Con Monti dalla tecnocrazia alla partitocrazia in franchising

3. “Il premier e un centro d’incognite” – di Alessandro Pietracci

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1.Un Libro per cominciare ("Tutte le cose del mondo conducono a una citazione o a un libro" Jorge L. Borges)

o Autore: Nicola Zoller

o Titolo: “La vita è scettica”

- Editore: Temi, Trento, 2012 – terza edizione, p. 188, - in libreria DISERTORI (Trento) e BLU LIBRI (Rovereto)



La ricerca si compone di 70 commenti ad opere letterarie, “dal Libro di Giobbe fino a Il deserto dei Tartari, passando per Molière, Shakespeare, Pirandello, Tolstoj e tanti altri autori…” grazie ai quali, secondo il magistero di H. Bloom, “giungiamo ad una consapevolezza e a una saggezza che non avremmo mai raggiunto da soli”. I commenti sono raccolti sotto un titolo che si richiama alla verbo greco skeptomai, “cercare”; è questo il segreto della letteratura, rammenta Zoller: “andare in fondo alla notte” per conoscere sempre più addentro “il deserto a cui può ridursi la vita”, per poi sentire il bisogno di un pensiero che salvi la ragione e la convivenza umana. La ricerca è introdotta da una prefazione di Tiziano Bianchi e – per questa terza edizione – riporta in appendice una recensione di Luisa Pachera:

"… Solo arrivati in fondo, quando ci si imbatte con piacevole sorpresa in un curioso 'congedo con ossimoro', si intuisce finalmente, fra le carte, il baluginare di un timido e distaccato ottimismo rivolto agli anni a venire: 'aspetto un lupo dai grandi occhi d'agnello' " (Dalla prefazione di Tiziano Bianchi).

"L’autore racconta la vita svelandola attraverso i libri che ha amato. Un volume piacevole che si consuma a brevi sorsi come il buon vino, un piccolo libro magico che nasconde tra le pagine spazi ampi e profondi, chi lo sfoglia può incontrarvi il profilo di un’intera biblioteca…" (Dalla recensione di Luisa Pachera)





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2. NENCINI: CON MONTI DALLA TECNOCRAZIA ALLA PARTITOCRAZIA IN FRANCHISING

venerdì 21 dicembre 2012



“Impensabile un anno fa una corsa così agguerrita dei tecnocrati per salire sul carro della politica. Imprevedibile la discesa in campo di Mario Monti, che a più riprese ha dichiarato a giornali e tv che il suo impegno sarebbe finito nel 2013. Un'antologia di virgolettati, tutti disattesi: 'Non sono interessato a quel che accadrà dopo le elezioni', 'non mi piacerebbe rimanere premier', 'escludo di candidarmi', 'durerò e dureremo poco, non un minuto di più del tempo nell'arco del quale questo Parlamento ci accorderà la fiducia'.”. Lo dice il segretario nazionale del PSI, Riccardo Nencini, secondo il quale “oggiAggiungi un appuntamento per oggi passiamo dalla tecnocrazia alla partitocrazia in franchising, quella in cui il nome dell'aspirante premier viene dato in uso a più liste e partiti in cerca di voti”. “L'unica novità che ci mancava”, conclude.



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3. “Il premier e un centro d’incognite”



– di Alessandro Pietracci*

giornale Trentino del 24 dicembre 2012, p.1


La figura di Mario Monti in questi ultimi giorni ha subito un grande cambiamento, collocandosi a metà tra Cincinnato e Salazar. Secondo la tradizionale storia dell’antica Repubblica di Roma, il nobile patrizio Lucio Quinzio Cincinnato era stato nominato “dittatore” (una carica eccezionale che “sospendeva” le altre istituzioni nel caso di situazioni di emergenza) durante una delle guerre di Roma con i popoli italici circostanti: finito il suo compito era ritornato a coltivare la terra come faceva prima di essere chiamato a “servire la Res publica”. Antonio De Oliveira Salazar è stato per quasi quarant’anni dittatore del Portogallo: pochi sanno però che Salazar, sul finire degli anni ’20, era stato chiamato al governo come ministro delle finanze nella sua veste di professore di economia. Un “tecnico” dunque che doveva fare le riforme e rilanciare lo sviluppo del paese (depresso dalla situazione politica e dalla crisi economica e finanziaria globale) per poi ritornare all’accademia. Salazar riuscì per davvero a contenere la spesa pubblica e a sostenere la crescita del proprio paese, ma si “affezionò” talmente al potere ricevuto da conservarlo fino al 1968. Le lezioni universitarie potevano attendere.

Questi due personaggi sono ovviamente molto lontani dall’algido (ma anche sicuramente democratico) Monti e il contesto storico odierno non si può certo paragonare con il tragico clima europeo degli anni ’30. Nella conferenza stampa del 23 dicembre Monti ha citato solamente Degasperi, ormai diventato punto di riferimento di gran parte dei politici italiani. Il primo ministro dimissionario sembra però aver ereditato una certa evasività e mancanza di chiarezza tipica di esponenti democristiani venuti molto dopo lo statista trentino. Ci si attendeva dal professore della Bocconi parole definitive sul suo futuro, ma abbiamo assistito a un dire e non dire, che ha lasciato aperte molte ipotesi. Le sue dichiarazioni potrebbero essere tradotte così: Monti sponsorizzerà il centro, facendo campagna elettorale e proponendosi come candidato premier alternativo agli altri due poli. Il professore milanese doveva salvare l’Italia dal baratro della bancarotta guidando una compagine tecnica che, al termine della legislatura, si sarebbe ritirata in buon ordine. Ora lo scenario è cambiato. Monti resta in campo perché bisogna completare il lavoro e perché non si possono buttare via i sacrifici di questi mesi. Tutto giusto, ma per fare questo occorre proprio sostenere una o più liste insieme a Casini, Fini, Montezemolo e qualche altro ministro? Occorreva diventare così “di parte”? Perché il documento programmatico presentato come aperto a tutti è chiaramente la piattaforma del nuovo centro.

Non si può dire che il Partito Socialista non abbia sostenuto e apprezzato alcune riforme varate dal governo Monti. E sicuramente molte istanze della nuova “agenda” vanno nella giusta direzione. Il controllo della spesa, la riforma delle pensioni, il piano di semplificazioni dell’apparato statale (provvedimenti in gran parte però abortiti a causa della convulsa chiusura anticipata della legislatura) sono pietre miliari sul cammino per far diventare l’Italia un paese davvero europeo. Proprio l’Europa è stato il secondo aspetto su cui il governo Monti ha fatto bene: dopo le figuracce internazionali dell’epoca berlusconiana finalmente potevamo andare in Europa con l’autorevolezza di un politico conosciuto a Bruxelles, sobrio nel parlare, competente in materia economica e soprattutto affidabile nelle promesse di risanamento. L’opera di Monti in questi mesi è stata in alcuni ambiti veramente positiva.

Detto questo non possono mancare elementi critici che distinguono un centrodestra europeo, incarnato dal PPE e da Mario Monti, dal centrosinistra riformista che oggiAggiungi un appuntamento per oggi deve assolutamente affrontare con modalità nuove il problema del lavoro. Il premier inizia la campagna elettorale a fianco di Marchionne. È proprio da sposare in pieno l’operato del manager Fiat? È da estremisti dire che la possibilità di creare occupazione non può essere disgiunta dalla concreta attuazione dei diritti sindacali? Non possiamo invece proporre metodi di concertazione tra lavoratori e dirigenti che assomiglino di più a quelli presenti in Germania rispetto a quelli americani? Andare a braccetto con Marchionne significa sostenere un modello che non è il nostro, che non può essere il modello della sinistra riformista.

L’equità sociale sembra scomparsa dall’orizzonte di governo. E cosa ci si potrebbe aspettare di più da un uomo come Montezemolo, volto presentabile ma sicuramente figlio di circoli elitari? La presenza in questo nuovo centro di esponenti del cosiddetto mondo cattolico sociale, come l’ex presidente Acli Olivero o lo stesso Dellai, verrà cancellata da figure come Marcegaglia, Casini e lo stesso Fini, ora nascosto per dimenticare la sua origine. Si diceva che nella coalizione di sinistra c’era tutto e il contrario di tutto: adesso questo vale per il nuovo centro. Per non parlare dei reduci del PDL che c’è da scommettere balzeranno sull’unica scialuppa che può salvarli dal naufragio. Staremo a vedere se Monti riuscirà ad amalgamare queste sensibilità.

Postilla: parlando di Trentino sarebbe un vero peccato che le trasformazioni avvenute a livello nazionale nuocessero alla tenuta della coalizione del centrosinistra autonomista che ha guidato la Provincia negli ultimi 15 anni. Urgono decisioni che mantengano un giusto equilibrio. Per fare una cosa: riformare il Trentino attraverso lo snellimento burocratico, l’attenzione al lavoro, l’attuazione di un’agenda dei diritti capace di rendere la nostra Provincia ancora più efficiente ed europea.



*segretario provinciale del Psi del Trentino

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