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Pasqua, riflettere con Faustini sulla democrazia

PASQUA, TEMPO GIUSTO PER RIFLESSIONI DURATURE SULLA DEMOCRAZIA
- di Nicola Zoller*

Mi aggiungerei alle valutazioni del direttore de l'ADIGE Alberto Faustini su democrazia e partiti, in risposta ad una lettera di Andrea Giacalone, apparse su l'Adige di domenica 11 aprile 2021, proponendo una nota pensata durante la Pasqua appena trascorsa e dedicata proprio a quella tematica. Ho riletto le considerazioni forti e durature scritte a suo tempo dal professor Gustavo Zagrebelsky nel saggio 'Il “Crucifige!” e la democrazia', e qui proverei a interpretarle, ritenendo che anche per i laici il passaggio pasquale possa aiutare a meditare sulla vita perduta e sulla possibile rinascita.
Seguendo la passione di Cristo, Zagrebelsky ha esposto tre concezioni della democrazia: dogmatica, scettica, critica. Pilato è il campione della democrazia scettica (quest’ultimo termine va qui inteso non nel senso nobile di ricerca e coltivazione del dubbio, ma di pragmatico opportunismo): egli si rivolge al popolo fingendo di fargli scegliere tra Barabba e Gesù. In realtà Pilato vedrebbe il vero “pluralismo delle voci” come un sabotaggio: lui bada solo alla conservazione del potere costituito, “se ne lava le mani” pur di restare saldamente in sella.
Caifa e il Sinedrio incarnano invece la democrazia dogmatica, che condanna Gesù in nome di una verità assoluta. Con loro c’è una folla emotiva, la stessa che pochi giorni prima aveva gridato “osanna!” ed ora grida “crucifige!”. “Il crucifige è l’altro lato dell’osanna” - spiega Zagrebelsky - questa è una massa manovrabile, che “non agisce, ma reagisce”, è uno strumento in mano ai demagoghi.
E la democrazia critica? Fra la folla che gridava il “crucifige!” non c’era posto per il dissenso. “Se fra i tanti, una voce si fosse potuta alzare per farsi ascoltare e fosse riuscita ad organizzare una discussione, se si fossero allora formati diversi partiti, forse la decisione si sarebbe orientata diversamente...”: ecco la democrazia critica. E’ la concezione che richiede la possibilità di confrontare e ponderare le posizioni. Premessa di questa democrazia - a cui vanno decisamente le preferenze del professor Zagrebelsky - sono: 1) l’abbandono della illusione che la giustizia sia a portata di mano; 2) l’accettazione realistica che si sia tutti continuamente carenti rispetto al compito comune. Insomma, chi lancia programmi risolutivi di ogni situazione prepara un governo totalitario; mentre seguendo chi “vorrà instaurare il regno dei migliori ci troveremo col governo del più forte”.
Questa democrazia propone una “convivenza mite, costruita sul pluralismo e sulle interdipendenze, nemica di ogni ideale di sopraffazione “come già scriveva Zagrebelsky in un suo saggio precedente, 'Il diritto mite'. Essa si realizza dando ai singoli e al popolo le istituzioni per agire. Quali istituzioni?
Qui qualcuno farà un salto sulla sedia: “le istituzioni classiche del popolo capace di azione politica sono i partiti” ricorda l’autore, memore delle considerazioni di colui che è stato uno dei maggiori teorici della democrazia rappresentativa, Hans Kelsen, secondo cui “la moderna democrazia si fonda interamente sui partiti politici, la cui importanza è tanto maggiore quanto maggiore applicazione trova il principio democratico” (“Fra Cristo e Barabba, la società civile scelse Barabba” scriverà Piero Ostellino in un famoso editoriale del Corriere della Sera).
Dunque la vita politica "associativa", dopo la sua decadenza, va fatta rinascere - ecco una passaggio pasquale laico - per evitare le derive plebiscitarie, il sondaggismo pronto a divinizzare o a demonizzare il popolo in “tempo reale” (mentre nella vera democrazia ogni decisione chiede più tempo, deve essere revocabile e rivedibile); per scongiurare il populismo di chi si appella direttamente alla “gente” scaldandone gli umori prepolitici, adulandola “nel tentativo di tenerla in una condizione di minorità infantile per poterla meglio controllare”.
La democrazia critica - potremmo dire la democrazia vera - non può fare a meno di forze civili "organizzate", come invece può farne la versione scettica e dogmatica. L’importante è fare di esse,nelle forme conosciute o in forme nuove, delle vere “istituzioni di comunicazione attiva e circolare tra i cittadini”.

*Nicola Zoller, collabora alla pagine letterarie della storica rivista "Mondoperaio" fondata da Pietro Nenni






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