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DANTE E I CORROTTI, 11 agosto 2021

DANTE E I CORROTTI, MESSAGGIO ATTUALE
-di Nicola Zoller
Giornale l’Adige, mercoledì 11 agosto 2021, p. 1

Al Pont del Diaol sotto Cornè di Brentonico l’artista-poeta Alessandro Anderloni nelle scorse giornate di luglio 2021 ha declamato alcune strofe dell’ Inferno di Dante Alighieri, nel 700° anniversario della morte del sommo poeta. L’evento rientrava nel più ampio programma culturale promosso tra luglio e agosto dal Comune di Brentonico sotto il nome di “Musica Natura Relazioni”, intendendo proporre tre cammini danteschi per il Monte Baldo, lungo itinerari immersi nella natura: dopo l’Inferno con la discesa nella selva oscura del Pont del Diaol, ecco il Purgatorio con la salita di espiazione sull'Altissimo di Monte Baldo e infine – nel recente 6 agosto – il raggiungimento della luce paradisiaca sulla riserva naturale di Corna Piana.
Anderloni, che è uno degli interpreti più qualificati della Divina Commedia, nella recita dell’Inferno si è particolarmente soffermato sul XXI Canto dedicato ai “barattieri”, cioè agli accusati e condannati per corruzione e concussione. Ne parlo perché è facile il raffronto con la realtà attuale e del nostro passato ancora prossimo, ma in verità valevole per ogni tempo. Lo stesso Dante cadde sotto quell’accusa: dopo che come priore aveva ratificato una condanna contro tre banchieri papali, fu a sua volta perseguito quando papa Bonifacio VIII riprese il controllo di Firenze. Fu giudicato colpevole di “aver attinto dal tesoro della città più di quanto correttamente dovuto”: Dante non si presentò al processo – si difese dunque “dal” processo, non “nel” processo ritenuto ingiusto e fazioso – e fu condannato in contumacia: se fosse entrato nel territorio fiorentino sarebbe finito sul rogo. Fu così che a 37 anni Dante intraprese la strada dell'esilio, della “latitanza” avrebbero detto altri nella sbrigativa e schematica parlata attuale.

Ho scritto una noterella in merito ad Aldo Cazzullo, editorialista del Corriere della Sera e autore di un fortunato libro su Dante, “A riveder le stelle”, chiedendogli perché Dante appaia così duro con i barattieri, “spesso condannati – come avvenne con lui – per motivi di lotta politica”. Cazzullo ha spiegato a me e ai lettori che in realtà Dante “è profondamente sarcastico” e se la “ride sia dell'accusa sia della condanna”, anche se è severo con chi effettivamente compie delitti contro l'interesse generale. Scrive altro commentatore che “l’accusa di baratteria viene comunemente rivolta agli avversari politici e Dante infatti non la prende sul serio e ora intende appunto metterla in ridicolo, rimarcando così l'ingratitudine dei suoi concittadini, che ripagarono il suo giusto operato costringendolo all’esilio”.
Cazzullo si spinge oltre e nell’aderire alle considerazioni appena riportate avverte che “i veri cattivi siamo noi”. Anche i diavoli che infliggono tormenti ai condannati e che vorrebbero mettere le mani su Dante stesso, sono buffi e ridicoli: non cerchiamo la cattiveria lontano da noi, “il male è dentro l'animo umano” ed è un compito severo ammetterlo e adoperarsi per essere più miti e migliori.
Nicola Zoller, collaboratore della storica rivista Mondoperaio



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