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‘MEMENTO’ CRAXI
19 GENNAIO 2025

‘MEMENTO’ CRAXI: “QUANDO UNA CULTURA POLITICA VENNE SPAZZATA VIA IN MODO DISSENNATO”
-di Nicola Zoller

Giornale ALTO ADIGE, 18 gennaio 2025, “L’ombra di Craxi sull’Italia”, pp. 1 e 9
Giornale l’ADIGE, 19 gennaio 2025, “L’Italia di Craxi, potenza economica”, pp. 1 e 38
https://www.avantionline.it/memento-craxi-quando-una-cultura-politica-venne-spazzata-via-in-modo-dissennato/

A 25 anni dalla morte di Bettino Craxi, avvenuta il 19 gennaio 2020, sono apparsi libri e memorie: da quelle familiari di Stefania Craxi, ‘All’ombra della storia’ (Piemme), alle ‘Lettere di fine Repubblica’ (la corrispondenza di Craxi a partire dal 1989, a cura di Andrea Spiri, ed. Baldini+Castoldi), fino a saggi di noti commentatori come Aldo Cazzullo, con ‘Craxi, l’ultimo vero politico’ (Rizzoli), Fabio Martini, con ‘Controvento, la vera storia di Bettino Craxi’ (Rubbettino), Massimo Franco, con ‘Il fantasma di Hammamet. Perché l’ombra di Craxi incombe ancora sull’Italia’ (Solferino).
Già i titoli di questi lavori faranno meditare, penso. Lo scrive chiaro M. Franco: il fantasma coinvol-ge tutti noi, e l’Italia riuscirà a liberarsene “soltanto quando sarà riuscita a fare i conti con se stessa, senza rimuovere le proprie latitanze interiori”. Fare i conti, ad esempio con la narrazione che – tambureggiata da procure e mass media – descriveva l’Italia dei primi anni 1990 come una terra desolata e corrotta da “rivoltare come un calzino” secondo un noto proposito giustizialista e golpista. E invece la situazione italiana non era radicalmente dissimile da quella di altri paesi progrediti d’Europa, anzi l’Italia era diventata dai tempi del governo Craxi – ai primi del 1987 – la quinta potenza economica del mondo libero superando la Gran Bretagna. Lo ha testimoniato Carlo M. Cipolla – uno dei maggiori storici economici internazionali – che così scrive in ‘Storia facile dell’economia italiana dal Medioevo ad oggi’ (Il Sole 24 Ore): «Il bilancio economico del quarantennio postbellico è, in termini quantitativi, a dir poco lusinghiero. Certo, nulla di simile era stato - anche lontanamente - nelle speranze dei padri della Repubblica. Un reddito nazionale cresciuto di circa cinque volte dal 1950 al 1990 colloca l’Italia fra i Paesi a più elevato tenore di vita nel mondo».
Ignorando slealmente queste evidenze, l’Italia era scivolata in quello che l’editorialista de “La Stampa” Mattia Feltri definì nel libro ‘Novantatré. L’anno del Terrore di Mani pulite’ (Marsilio) “un periodo cupo, meschino, di furori e di paure, di follia collettiva, in cui una cultura politica era stata spazzata via in modo dissennato”. Parimenti un prestigioso studioso progressista come Michele Salvati definì «un fatto unico in Europa» la scomparsa dei partiti democratici di governo, «un esito che solitamente si associa a traumi ben più gravi, a guerre e rivoluzioni».
Qualcuno potrebbe giudicare sproporzionate queste parole se non avesse visto in diretta o esaminato bene quella transizione agitata. Ma per dire del clima oscuro di quel periodo basterà ricordare quanto scritto il 3 maggio 1995 sul “Corriere della Sera” da Giuliano Zincone: egli, denunciando l'inquietante clima politico-giudiziario che aleggiava sul nostro Paese, riferirà di una inchiesta con gli studenti universitari di Perugia. Richiesti di indicare il personaggio più odioso di tutta la storia dell'umanità, questi figli del sonno della ragione “scartano Giuda o Nerone, Caino o Pol Pot, Erode o Stalin: al primo posto collocano Andreotti, al secondo Craxi, buon terzo nella graduatoria dei mascalzoni ecco Hitler”. Ma che giovani 'studiosi' aveva partorito il vento fustigatore dell'operazione denominata 'Mani pulite'? E se così la pensavano gli universitari, cosa ci si poteva aspettare dagli altri…
Come rimuovere queste tare ingombranti? Uno dei maggiori pensatori italiani, Norberto Bobbio, definì gli eventi che portarono alla fine della prima Repubblica “una pessima prova”. E al-lora compito di una politica mite, democratica e partecipata resta quello di non ripeterla. Com-prendendo, ad esempio, che le operazioni mediatico-giudiziarie squilibrate, possono essere dan-nose per la stabilità democratica ed economica del Paese. L’aveva scritto sul “Corriere della Sera” del 6 aprile 2017 il prof. Fadi Hassan – nato a Pavia da genitori siriani – docente di macroeconomia internazionale presso il Trinity College Dublin: «Nel 1991 il nostro reddito pro capite era l’86% di quello americano, nel 2016 è sceso al 63%. E’ lo stesso livello - commentava - che avevamo nel 1961: nell’ultimo ventennio siamo tornati indietro di 55 anni».
Nicola Zoller, collaboratore della storica rivista socialista “Mondoperaio”




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