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PER LA SCUOLA PUBBLICA
10 aprile 2007

n.zoller@trentinoweb.it
INFO SOCIALISTA 10 aprile 2007
a cura della segreteria regionale SDI, per i rapporti con l'azione nazionale dei
socialisti e del centro sinistra
tel. 338-2422592 - fax 0461-944880
Trento/Bolzano: www.socialistitrentini.it - www.socialisti.bz.it
Quindicinale - Anno 4°
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SOMMARIO:

o UN LIBRO, per cominciare: Rudi Ghedini , “Nel buio di una nave”
o LA SCUOLA PUBBLICA È RICCHEZZA: DIFENDIAMOLA
o SOCIALISMO: UN IDEALE DA COLTIVARE CON LA “PASSIONE DEI RAGAZZI
o In ricordo di Nino Forenza



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UN LIBRO, per cominciare ("Tutte le cose del mondo conducono a una citazione o a un libro" Jorge L. Borges)

o Autore: Rudi Ghedini
o Titolo: “Nel buio di una nave”
o Bradipolibri, 104 pagine, 10,00 euro

Il 13 marzo 1987 nel porto di Ravenna è avvenuto il più grave incidente sul lavoro del dopoguerra: tredici operai sono morti soffocati nella stiva di una nave portata in secco nel cantiere Mecnavi. Erano quasi tutti ragazzi di una ventina d'anni, ingaggiati senza contratto. La loro morte è stata causata da un piccolo incendio e poteva essere evitata. Ma su quella nave e nel porto di Ravenna a quell'epoca le misure di sicurezza erano scarse, e chi doveva farle rispettare era a dir poco distratto. Attraverso gli atti processuali, articoli e interviste Rudi Ghedini ha ricostruito una vicenda di lavoro nero e di sfruttamento che si ripete ancora troppo spesso nell'Italia di oggi dove sul lavoro muoiono in media tre o quattro persone al giorno.

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LA SCUOLA PUBBLICA È RICCHEZZA: DIFENDIAMOLA

di Lorenza Visintainer - Vicesegretaria prov.le SDI
l’Adige, 7 aprile 2007


Da alcuni viene vissuto come una “crociata” contro le scuole paritarie, ma il ricorso ad uno strumento della democrazia, quale è il referendum, mi sembra legittimo, legittimato a maggior ragione dal fatto che il tema della scuola è sufficientemente importante da coinvolgere la cittadinanza nella forma più diretta che la costituzione mette a disposizione
L'utilizzo corretto e rispettoso delle regole della democrazia, di uno strumento costituzionalmente valido, non equivale a mio modo di vedere alla guida o alla partecipazione a una crociata, che si condividano o meno le motivazioni che spingono a proporre il referendum.
Le motivazioni peraltro della positività di questa iniziativa per diversi altri motivi non si riducono al benefico effetto spinta verso un momento di discussione e confronto su un tema decisivo per lo sviluppo e la qualità della vita e della società intera di un territorio.
E’ indubbio infatti che il punto della questione non sta nella bontà o meno del singolo provvedimento di finanziamento a questo o quegli istituti scolastici e di formazione; o se questi siano o no necessari; oppure se offrano ad oggi un’offerta di qualità nel panorama della scuola trentina: il dibattito sarebbe oltremodo costruttivo se ci si confrontasse onestamente sulle scelte politiche di base che daranno forma alla scuola del trentino di domani e conseguentemente alla società stessa - in fondo le scelte politiche servono anche a questo, o così almeno il cittadino avveduto ancor oggi crede, nonostante il costante impoverimento e appiattimento del dibattito politico nazionale e provinciale.
Purtroppo spiace constatare come le disarmoniche posizioni di esponenti della sinistra democratica internamente alla maggioranza del governo provinciale, avendo avuto l'apparenza di posizioni da opposizione per le modalità con cui sono state presentate e gestite, hanno avuto unicamente l'effetto di far apparire ai cittadini le differenze di pensiero e di priorità programmatiche nonché di modalità di attuazione su temi, quale quello della scuola, cruciali per il nostro Trentino, come lacerazioni e divergenze, invece che come una situazione di inevitabile e necessaria mediazione politica interna a una coalizione che, nell'ottica della ricchezza della diversità, io considero positiva e potenzialmente fertile.
È certo che gli attacchi alla scuola privata rischiano di ridursi ad una mera battaglia ideologica se le posizioni espresse non vengono riempite di contenuti e proposte, se non viene pensata ed esplicitata una diversa idea di scuola da finanziare, se non vengono avanzate proposte concrete.
Non nascondiamo le visioni politiche offuscando il cittadino con un demagogico dibattito circa la qualità della scuola paritaria trentina esistente, sul suo ruolo e qualità oppure sulla disquisizione se sia o meno necessaria al buon andamento del prossimo anno scolastico. Poco utile mi sembra attaccare chi ha una visione di offerta formativa per il futuro del trentino diversa nell'essenza o diversa nelle modalità di finanziamento da quella attuale e tristemente sterile il tentativo di molti di ridurre il dibattito a “se finanzio la scuola paritaria vuol dire che tolgo, o non do, alla scuola pubblica” oppure analogamente a “finanziare la scuola paritaria non significa che trascuri quella pubblica”.
Oggi la scuola e la formazione in generale sono fondamento di una società sana, ricca ed in evoluzione: gli sforzi politici e gli impegni economici non saranno mai sufficienti ad una comunità che coglie l’importanza di una scuola che garantisca a tutti non solamente l’accesso alle conoscenze, oggi sempre più facile di per se ma per questa sua caratteristica maggiormente esposto a numerosi pericoli, ma anche la possibilità di accedere agli strumenti adatti ad imparare ad utilizzarle appropriatamente per le sfide che la comunità stessa vive.
La scuola riveste il difficilissimo compito di comprendere la società ed i suoi meccanismi e contemporaneamente di camminare insieme, talvolta guidare e formare gli attori stessi della società attraverso le risorse materiali, di conoscenze e le professionalità di cui è ricca.
Credo sia essenzialmente per questo motivo che mi trovo in disaccordo con l’ingannevole tranquillità del dire che – al momento - va bene finanziare la scuola paritaria visto che la scuola pubblica ha dimostrato comunque di dare risultati di buona qualità.
Penso che sia proprio per questa incalzante necessità di evoluzione e costante richiesta di energie e idee che su questo fronte l’impegno riformista per la scuola di tutti non possa avere momenti di sosta.
Sostenere nelle parole e nelle decisioni politiche la scuola pubblica, nello specifico quella trentina, perché se “La fiducia va ricostruita soprattutto tra quanti insegnano ed educano” come sostiene il sottosegretario all'Istruzione Maria Letizia De Torre, allora ingenti sforzi sono necessari per affrontare e risolvere il problema degli insegnanti che aspettano una cattedra da anche 10 anni, a scapito non solamente della fiducia nello stato ma anche della qualità dell’offerta formativa e della qualità della vita privata e famigliare.
Pensare e proporre una scuola pubblica in cui siano veicolati e trasmessi i fondamenti della ricchezza della diversità, con l’accettazione e il confronto con il diverso da sé vuol dire prevedere risorse umane e finanziarie perché queste opportunità siano offerte ed effettivamente vissute sia da quello che si sente uguale sia da quello che proviene dal diverso e ha la necessità di integrarsi.
Credere nella scuola pubblica significa affrontare coraggiose riforme della stessa per andare incontro alle esigenze delle famiglie, perché con una maggior flessibilità di orari e nella gestione degli spazi la scuola non si trasformi nei fatti in un vuoto parcheggio per i ragazzi.
Privilegiare l’investimento alla scuola pubblica perché non sempre concorrenza e ampia offerta per le famiglie significa tutela delle famiglie più deboli o parità di servizi offerti, perché le necessità del percorso scolastico e per la crescita individuale dello studente non sono semplici, chiare e univoche, non sono richieste da soddisfare. L’impegno dello stato nel gestire e finanziare la scuola pubblica non equivale alla fornitura di un servizio puro e semplice: difficile ingenerare meccanismi di domanda e offerta quando l’esigenza dello studente con poca probabilità si presta a essere qualcosa di facilmente determinabile o semplicemente individuabile da lui stesso o dalla famiglia. La posizione della scuola, la distribuzione interna dell’edificio, l’arredamento e le attrezzature scolastiche sono “servizi” che soddisfano le possibili esigenze e quindi le esplicite richieste dello studente o più spesso della famiglia: la formazione specialistica e culturale, le modalità di ascolto e supporto a situazioni relazionali complesse tra coetanei, tra culture, religioni, situazioni diverse non sono nella maggior parte delle famiglie focalizzate e dichiarate ma non per questo non costituiscono un loro diritto.
Un forte e costante sostegno alla scuola pubblica, ad una scuola aperta ai giovani di oggi, ricca di risorse per gli adulti di oggi e di domani.

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SOCIALISMO: UN IDEALE DA COLTIVARE CON LA “PASSIONE DEI RAGAZZI

di Nicola Zoller - consigliere nazionale SDI

CORRIERE DEL TRENTINO – 7 aprile 2007

I Socialisti del Trentino-Alto Adige hanno in questi giorni affrontato i temi del Congresso straordinario che si svolgerà la settimana prossima a Fiuggi dedicato alla “costituente socialista” per la formazione di una più ampia area politica che abbia nel nome e nei fatti un diretto riferimento al Partito socialista europeo e alle prospettive d’avanguardia che da sempre si pone la socialdemocrazia nel nostro continente. E’ certo che in Italia – dopo quello che è successo negli ultimi 15 anni – l’impresa è più dura. Ma anche noi possiamo fare, al pari di altri in Europa, una scommessa sull’avvenire avendo nel nostro bagaglio culturale riferimenti non caduchi. Ce lo dicono anche altri. Fa piacere ad esempio che nella mozione congressuale di Fassino per il Congresso DS si scriva: “Non si può pensare di unire il riformismo italiano senza l’apporto di quella grande storia politica che – da Matteotti a Buozzi, da Saragat a Nenni, da Moranti a Lombardi, da Pertini a Brodoloni, da De Martino a Craxi – ha rappresentato un filone culturale e politico essenziale della sinistra riformista italiana” . Se però fosse stato detto e creduto quando queste persone erano in vita – quando invece da esponenti della parte comunista arrivavano spesso improperi e accuse di “socialtraditori” - e il tutto non assomigliasse quindi ad una riabilitazione post mortem, sarebbe stato molto meglio.
Tiriamo avanti. C’è la storia. Ma c’è anche l’avvenire. Giacomo Matteotti, quando tutto cadeva, si opponeva con coraggio alla furia della dittatura irrompente: nella nostra Regione alle elezioni del 1924 il suo Partito Socialista ottenne 4.624 voti. Troppo pochi per fare un eletto in Trentino-Alto Adige, ma infinitamente significativi di una resistenza politica e culturale che avrebbe poi portato dopo il fascismo alla rinascita della forza e della prospettiva socialista, avendo alle spalle quella semina ideale e programmatica di organizzazioni e personalità come Matteotti, un uomo che è diventato per tutti l’ideale “apostolo della libertà”.
Ho ripensato spesso in questi tre lustri di difficoltà per noi socialisti a questa nostra storia: il contesto è ovviamente diverso, non c’è la ferocia della dittatura, ma c’è sicuramente una contesto più subdolo che smorza l’impegno: attorno alla crisi dei partiti che si è acuita nei primi anni ’90 hanno imbandito in molti i propri bivacchi producendo tuttavia, anziché una prospettiva di rinascita politica e istituzionale, un sistema ancora bloccato in cui si evidenzia soprattutto la difficoltà di partecipazione dei cittadini alla politica e alle sorti del paese: tutto o tante cose sono relegate nelle mani di pochi, di pochi vertici riuniti attorno ai cosiddetti “tavoli”, o di mosse quasi esclusivamente mass-mediatiche con cui si conducono le campagne elettorali e pre-elettorali, cioè in pratica la vita politica sotto la cosiddetta seconda repubblica.
Sono venuti meno i partiti come organizzazioni di popolo, i partiti su cui si dovrebbe “fondare la moderna democrazia” come direbbe Hans Kelsen, uno dei maggiori teorici europei della democrazia rappresentativa, insomma i partiti – per dirla schiettamente con Pietro Nenni – intesi come “la democrazia che si organizza”. Si può ben dire quindi che nel nostro paese si è creato un danno pesante alla democrazia, un danno che rischia di diventare permanente se la famosa “transizione” non trova uno sbocco positivo. Cosi se ne sono andate le speranze di tanti, soprattutto di tanti compagni socialisti.
Non dev’essere cosi. A fine marzo nella sede socialista di Rovereto riaperta per la nostra discussione congressuale ho ritrovato i messaggi e le carte del nostro impegno passato e più recente, e tra queste carte molti richiami culturali che siamo soliti accompagnare alla nostra attività politica e anche amministrativa. Mi è finito in mano un bollettino socialista con il riferimento a due personaggi come Carlo Rosselli e Ignazio Silone, uomini che come Matteotti sono stati costretti a operare sotto il giogo della tirannia. Eppure Rosselli, quell’uomo che aveva previsto in tempi precocissimi il giusto approdo a quella prospettiva politica che egli definirà nella sua opera, scritta dal confino di Lipari nel 1929, “Socialismo liberale”, si sentiva “un socialista che non si liquida né con la critica dei vecchi programmi, né col ricordo della sconfitta, né col richiamo alle responsabilità del passato. Un socialista di una marca nuova e pericolosa, che ha studiato, sofferto, meditato e qualcosa capito della storia italiana lontana e vicina”. E Silone, lo scrittore che in età matura dopo tante delusioni e crisi che potrebbero essere paragonate a quelle recenti che hanno riguardato noi e il campo progressista, aveva trovato nel socialismo la sua “uscita di sicurezza” , come riporta il titolo di un suo famoso libro. Scrive Silone: “La mia fiducia nel socialismo è rimasta più viva che mai. Nel suo nucleo essenziale – che non è una caduca ideologia, però una fede sì, un movimento continuo – essa è tornata ad essere quella che era quando da ragazzo per la prima volta mi rivoltai contro il vecchio ordine sociale: un bisogno effettivo di fraternità; una affermazione della superiorità della persona umana su tutti i meccanismi economici e sociali che la opprimono”.
Ecco perché anche noi non possiamo perdere la speranza di una rinascita socialista che possa essere utile alla nostra terra alpina e al nostro Paese: perché tante e valorose energie della storia socialista hanno continuato a coltivare un “ideale” che resta molto più duraturo di teoremi e di tattiche transitorie. Questo ideale da alla politica una dimensione più umana e più larga, aiuta a conservare un animo da ragazzi, a ritrovare appunto quella “passione dei ragazzi” che Silone evocava per guardare al futuro con fiducia.

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In ricordo di Nino Forenza

Salvatore Forenza , noto agli amici come “Nino”, nasce a Minervino Murge (provincia di Bari) l’11 novembre 1947. Dopo gli studi liceali, il 16 marzo 1970 conseguì la laurea con lode in lettere moderne ed indirizzo storico presso l’Università degli studi di Bari, discutendo una tesi su Giustino Fortunato, politico e storico meridionalista. Subito dopo, pur avendo vinto una borsa di studio bandita dall’Istituto di Storia patrie di Napoli, si trasferì giovanissimo in Trentino per assumere l’incarico di docente di materie letterarie a tempo indeterminato conferitogli dal Provveditorato agli Studi di Trento che lo assegnò alla sezione distaccata di Susà della scuola media statale “Ciro Andreatta” di Pergine Valsugana. Fin da subito iniziò il suo impegno concreto in ambito sindacale all’interno del comparto scuola. Il 5 dicembre 1972 conseguì con il massimo dei voti l’abilitazione all’insegnamento delle materie letterarie nella scuola media ed il 18 febbraio 1976 quella per l’insegnamento delle stesse negli istituti di istruzione secondaria di secondo grado.
Dal 1976 al 1983/84 svolse in maniera continuativa la funzione di collaboratore vicario della Scuola media statale “Ciro Andreatta” di Pergine, fruendo dell’esonero parziale o totale dall’attività didattica. Dal 1984/85 al 1988/89 fu preside incaricato presso al Scuola media statale “Silvano Fante” di Grigno. Alla fine degli anni settanta assunse la presidenza dell’Associazione “Amici della Storia”di Pergine, inaugurando una metodologia di studio innovativa per l’ambiente culturale perginese, basata sull’analisi scientifica dei documenti d’archivio ed applicata con grande acume e lucidità espositiva nel volume “Paludi perginesi. Storia della bonifica e mito di Tommaso Mayer”, edito dalla Biblioteca comunale nel 1978. Il successo della pubblicazione pose le premesse per la nascita di una collana editoriale, oggi composta da quasi 40 titoli, sulla storia del borgo di Pergine e della Valsugana, aperta a contributi di studiosi soci e simpatizzanti dell’Associazione “Amici della Storia”.
L’interesse per le vicende del territorio e della popolazione perginese portò ben presto Nino all’impegno politico tra le file del Partito Socialista che lo vide consigliere comunale di Pergine per due legislature dal 1980 e 1990.
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Dopo l’esperienza del triennio 1979/1981, nel 1996 fu nominato per la seconda volta presidente del Comitato di redazione del bollettino comunale “Pergine Notizie”, nel 2000 e nel 2005 fu riconfermato in tale incarico.
Per i sempre più consistenti studi in campo storiografico nel 1980 divenne socio della Società di Studi Trentini di Scienze Storiche presso la quale organizzò anche corsi di aggiornamento per docenti dal 1995/96 al 1999/2000. Su proposta di Luciano Brida e di Giulia Maestrelli Anzi lotti fu aggregato nel 1991 all’Accademia Roveretana degli Agiati. Sul versante professionale, dopo aver superato il concorso a preside nel 1987, continuò a svolgere le funzioni di preside della Scuola media statale di Grigno, per essere poi immesso in ruolo nel 1989/90 presso la Scuola media statale di Baselga di Pinè. Nel 1991 fu vicesovrintendente scolastico provinciale ed infine dirigente scolastico di alcuni istituti trentini (Brentonico, Levico, Roncegno).
Animatore culturale di primo livello, fu coinvolto a più riprese nei lavori di svariati organismi, in particolare la Commissione culturale ed il Consiglio di Biblioteca del Comune di pergine Valsugana, il Comitato tecnico-scientifico dell’Assessorato alla Cultura della Provincia Autonoma di Trento. Dal 1996 fu vicepresidente del Centro Documentazione Lucerna onlus e prezioso collaboratore in importanti progetti di ricerca, quali il Seminario permanente di studi “Alla ricerca delle menti perdute2 relativo alla storia manicomiale.
Fu insignito a Roma del Premio Foyer riconosciuto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri per meriti di ricerca storica.
Morì a Trento il 22 dicembre 2006 ed è sepolto nel cimitero del suo paese natale Minervino Murge.

(in tale consesso svolse l’incarico di capogruppo del PSI). Nel 1995 assieme ad altri compagni contribuì alla creazione di una lista civica di stampo laico-socialista, nel 2000 fu uno dei fautori della rinascita dei socialisti perginesi con la presentazione di una lista socialista che ottenne un risultato superiore al 10 % dei consensi e ben quattro consiglieri comunali. Dal 2004 al 2006 fu componente del Direttivo Provinciale dello SDI Trentino. (* nota aggiuntiva redatta da Andrea Oss)


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