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CON LA BUSSOLA SOCIALISTA
25.3.07

n.zoller@trentinoweb.it
INFO SOCIALISTA 25 Marzo 2007
a cura della segreteria regionale SDI, per i rapporti con l'azione nazionale dei
socialisti e del centro sinistra
tel. 338-2422592 - fax 0461-944880
Trento/Bolzano: www.socialistitrentini.it - www.socialisti.bz.it
Quindicinale - Anno 4°


SOMMARIO:

o UN LIBRO, per cominciare: Luciana Palla. TITA PIAZ A CONFRONTO CON IL SUO MITO

o UN NUOVO INIZIO PER I SOCIALISTI: LE ASSEMBLEE CONGRESSUALI SDI
o POLITICA NAZIONALE: CON LA BUSSOLA SOCIALISTA


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UN LIBRO, per cominciare ("Tutte le cose del mondo conducono a una citazione o a un libro" Jorge L. Borges)

o Autore: Luciana Palla
o Titolo: TITA PIAZ A CONFRONTO CON IL SUO MITO
o Ed. Istitut Cultural Ladin – Museo Storico in Trento, 2006

Parliamo ancora di Tita Piaz (1879-1948) che è stato un importante uomo di pensiero e d’azione nella nostra Regione, grande alpinista, irredentista e socialista. Riportiamo l’intervento di Luciana Palla svolto nel corso della presentazione della sua opera presso la SOSAT di Trento il 16 febbraio 2007:

Avevo letto sia la biografia di Tanesini che l'autobiografia in due volumi dello stesso Piaz, il primo edito quando lui era ancora in vita (1946), il secondo pochi mesi dopo la sua morte (1948).
Mi aveva colpito in questi scritti il ruolo da protagonista che egli stesso si attribuiva nella storia fassana e trentina - per non parlare poi delle questioni alpinistiche, del suo ruolo di guida alpina moderna, indipendente, che tiranneggiava i signori clienti anziché esserne succube - ; la sua auto rappresentazione, il primo in tutto (il primo socialista in Val di Fassa, il primo ad avere la bicicletta, e poi la motocicletta, il più perseguitato trentino durante la prima guerra, l'uomo più brutto ma più sensibile di cuore, colui che sapeva conciliare concezioni di vita apparentemente opposte come il socialismo di Cesare Battisti e il Vangelo di Cristo) veniva confermata e divulgata nel suo libro dall'amico Tanesini, fascista convinto, con cariche politiche importanti sotto il regime: "Tita non è brutto - scriveva Tanesini con il consenso e compiacimento di Piaz - è un bello orrido, come l'aspetto delle sue montagne" (pagina 18). E dopo un'accurata ed apparentemente grottesca analisi dei tratti del volto di Piaz, ne dava anche il ritratto interiore: "E l'uomo più impulsivo..."
E poi c'era la presentazione dell'amico Antonio Berti, ben conosciuto nel mondo alpinistico: "Non meno che l'abilità portentosa dell'arrampicatore dolomitico..." (pagina 220). Questa prefazione al secondo volume di Piaz Berti non volle cambiarla dopo la morte di Tita, perché così lui l'aveva letta e gli era piaciuta.
E poi c'era il ritratto di Prada: "Me lo rivedo davanti, ispido e biondo grigio come le sue Dolomiti..." (pagina 248). E via di questo passo. Una delle poche note che si distaccano da questi ritratti che risentono in modo così evidente del fascino che la forte personalità di Piaz esercitava su chi gli stava vicino, è quella di Fosco Maraini, nella sua autobiografia, in cui descrive Piaz in maniera un po’ insolita: “L’aspetto e le movenze erano quelle di un popolano abituato ad imporre la propria volontà, e a non venire contraddetto. Il capo sorgeva tozzo sopra un collo taurino…” E durante la salita della parete nord-est della Winkler - egli scrive – Tita si sollevava lentamente, con grande sicurezza, ma bisognava confessarlo, senza alcuna eleganza:si sarebbe detto un contadino o un muratore messosi in testa di riparare una grangia o un fienile”.
A parte qualche eccezione, Piaz era insomma divenuto un mito, quel mito che egli stesso aveva voluto creare intorno a sé. Ma chi era veramente Tita Piaz ? Proprio per tentare di andare oltre quel mito, di riportare Piaz nella sua realtà storica, sociale, familiare, di ricostruire cioè la sua umanità partendo dai documenti, non dalle dicerie, non dalle leggende, è nata l’idea di questa ricerca, che i due istituti di Vigo e di Trento hanno accolto con molto entusiasmo.
E così è cominciata la ricerca delle fonti. C'è voluto almeno un anno solo per raccogliere qua e là carte di Piaz o che parlassero di Piaz, e un altro anno per metterle in ordine secondo uno sviluppo cronologico e tematico. Sembrava infatti che il proverbiale disordine di Tita si fosse materializzato in ciò che negli archivi pubblici e privati restava di lui: spezzoni, frammenti, indizi, mai qualcosa di chiaro, di "ordinato", di completo... Ovunque era passato aveva lasciato delle tracce, un'impronta, ma sempre nella maniera disordinata e caotica che gli era solita, quasi a rispecchiare la sua propria natura. Comunque a poco poco in questa ricerca si sono attivate molte persone, alcune a lui molto vicine per parentela, altre coinvolte anche esse dall'interesse per il personaggio e per la sua "demitizzazione" e conseguente "umanizzazione". A tutte naturalmente va il mio ringraziamento. Ne è nato un lavoro corale.
Sono stati ricostruiti così alcuni periodi di vita, soprattutto quelli legati ad eventi e fenomeni storici particolarmente rilevanti per il Trentino in cui Piaz fu sempre coinvolto personalmente: ampia documentazione, anche giornalistica, parla di Piaz irredentista, socialista, anticlericale, nella Val di Fassa degli inizi del 900, sino alla prima guerra mondiale. Ricordo che allora queste zone erano Austria, che c'era il contrasto fra i due nazionalismi italiano e tedesco, c'era lo scontro "nazionale" su queste montagne fra Sat e Alpenverein per il possesso del territorio, con la costruzione di rifugi, di sentieri alpini, eccetera. E in questo "scontro" Piaz svolse, fra le Dolomiti fassane, un ruolo significativo, che pagò con conseguenze personali, come la cacciata dal rifugio Vajolet, proprio ai piedi delle famose torri, nel 1912: il rifugio era proprietà della sezione di Lipsia dell'Alpenverein, gestito dalla moglie di Tita, Marietta Rizzi . Alla morte della moglie, per peritonite, nel 1912, sotto la pressione delle sezioni tirolesi dell'Alpenverein egli fu "cacciato" da quella che considerava la sua casa, in quanto lì era nato l'idillio con Marietta, lì erano nati e cresciuti i suoi figli, lì aveva raggiunto la gloria come arrampicatore estroso e straordinario, tanti anni prima, a fine 800, un vero fenomeno del mondo alpinistico...
E proprio intorno al Vajolet ruota la sua vita successiva. Il rifugio Vajolet torna a lui, come era naturale, nel Trentino "redento" del primo dopoguerra, consegnatogli dalla Sat, che era subentrata nella proprietà all'Alpenverein. Il rapporto con la Sat era ancora buono, sebbene conflittuale, come accadeva sempre quando c'era di mezzo Piaz, che non rinunciava facilmente al suo atteggiamento polemico, vero "bastian contrario", come si suol dire. Ma tale rapporto di fiducia con l'associazione trentina si spezza proprio intorno a questo rifugio alla fine degli anni 20, e non si ricucirà più. In sintesi non gli viene più data la gestione del rifugio Vajolet e viene pure boicottato riguardo alla costruzione e gestione dei due rifugi Preuss, quasi attaccato al Vajolet, e al "Gartl". Sono queste delle vicende complicate, in cui è difficile capire le motivazioni e le ragioni dei due contendenti, in assenza di una completa documentazione, che finora non abbiamo. In questo, come in altri casi, in base alle fonti reperite non è stato possibile ricostruire criticamente ed obiettivamente tutta la vicenda, in quanto disponiamo finora soprattutto del punto di vista di Piaz, mentre dai documenti della Sat emerge poco a proposito, solo che Piaz sembra non fosse sempre puntuale nei pagamenti, il che è credibile, dato il modo trasandato con cui seguiva i suoi affari, e dato il suo perenne stato di difficoltà finanziaria. Sta di fatto che il rapporto con la Sat non si ricucirà più, tanto che Piaz lascerà scritto nel suo testamento che non voleva assolutamente che la Sat presenziasse in modo ufficiale ai suoi funerali. E così fu.
Qui non si può pretendere quindi di trovare "la verità" su Tita Piaz, perché per una storia di vita completa mancano obiettivamente molti tasselli. Perciò questa pubblicazione non ha nessuna pretesa di verità, ma intende essere una ricostruzione storica il più fedele possibile sulla base del materiale attualmente a disposizione. Il ritrovamento di altri documenti in futuro potrebbe non solo completare, ma anche capovolgere le ragioni dei contendenti.
È svanito nel nulla ad esempio un intero capitolo dal significativo titolo "Sotto l'incudine degli italiani", da contrapporre a quello pubblicato "Sotto l'incudine dei tedeschi", in quanto dopo la sua morte i curatori del secondo volume non se la sentirono di dare alle stampe un capitolo così polemico contro la Sat, e lo censurarono in toto. Con quel capitolo Piaz vivo dichiarò molte volte che finalmente gli sarebbe stata resa giustizia, era la sua "vendetta" per il modo in cui diceva di essere stato trattato dalla Sat nel periodo del fascismo.
Arturo Tanesini scrisse a Lidia Minervini (erano entrambi i curatori del secondo volume dell'autobiografia di Piaz) di tenerlo, che un giorno avrebbe potuto essere utile, ma non è stato possibile finora rintracciarlo.
Rimase invece intatta l’amicizia con Nino Peterlongo, il cui destino – dice Piaz più volte – è stato comune al suo: come lui fu cacciato dal Vajolet, Peterlongo nel 1931 fu esonerato (silurato) dalla presidenza della Sosat. Così mantenne l’amicizia con Giovanni Pedrotti, importante irredentista trentino, membro della direzione della Sat, e con Guido Larcher, presidente della stessa, mantenne cioè l’amicizia con singole persone, ma ruppe i rapporti con l’associazione.
Se questa vicenda resta ancora oscura per carenza di fonti, è stato ritrovato invece il diario scritto da Piaz durante la sua prigionia dal gennaio al settembre 1944, prima "sottochiave" a Vigo di Fassa, insieme a Francesco Jori e ad altri paesani, poi nel carcere di Bolzano, in cui si incontrò, gioco forza, con molti esponenti dell'antifascismo e della resistenza trentina. Proprio quelle note scritte giorno per giorno ci permetteranno di avere un'immagine di Piaz molto diversa da quella stereotipata di "Diavolo delle Dolomiti", che egli stesso contribuì a diffondere: emergono anche momenti di debolezza, di stanchezza, pensieri intimi di un uomo sofferente, in quell'ambiente squallido e terribile che fu la prigione nazista.
Il difficile è stato proprio cercare di capire come Tita Piaz era nel suo mondo più intimo: in famiglia, con i figli, con gli amici... Tutti hanno sentito parlare dell'uomo pubblico, dell'alpinista, del politico, del gestore di rifugi... ma com'era egli realmente? Qualche aiuto ci è venuto dalla testimonianza dei nipoti che hanno fatto in tempo conoscerlo e a vivere per un certo periodo con lui, e dalla corrispondenza privata con le figlie, che ci dà un'immagine veramente inedita di padre premuroso e comprensivo, ma anche molto esigente e duro.
Restano molti vuoti soprattutto per il periodo dell'infanzia e dell'adolescenza, per il quale non si è trovato praticamente niente, per cui si è dovuto fare affidamento su quanto lui scrive di sé nell'autobiografia: egli si presenta naturalmente come bambino ribelle, "libero" da costrizioni e pregiudizi, con uno spirito critico eccezionale, per questo sarà bandito dalle scuole magistrali di Bolzano... Racconta a proposito tutta una serie di episodi destinati a far ridere, o stupire…
E la passione della montagna è nel sangue. Ma sino a fine 800, ripeto, non possiamo verificare niente (Piaz era nato nel 1879 a Pera di Fassa, da una famiglia povera, come tante altre...).
È da militare (1900-1902) che ci lascia il suo primo scritto autobiografico: il suo "Diario della mia vita militare", come del resto facevano molti soldati. Diario ricco di particolari sulla vita di caserma, ma pieno di annotazioni su di sé: nel Tita ventenne è già chiara e presente quella che sarà la sua filosofia di vita, c'è già il suo carattere focoso, le sue scelte ideologiche sono ormai mature, c'è un forte senso di giustizia, di solidarietà, la sua personalità è ormai costruita. Alcuni momenti del diario sono implagabili per l'immediatezza dei sentimenti del ventenne Piaz: le esplosioni d'amore per Marietta, l'inno alla bellezza della natura... In seguito quando parlerà di se stesso non mancherà mai un tocco di autocompiacimento, e i sentimenti subiranno sempre la mediazione dell'ironia e dell'autoironia, perdendo la loro immediatezza che in questo diario è ancora presente.
Non ho ancora parlato del Piaz alpinista, non a caso. Non ho voluto ripetere quanto su di lui è stato già scritto, né avventurarmi in un campo che conosco molto poco. D'altronde dai documenti reperiti riguardo a Piaz guida alpina e scalatore non è emerso molto di nuovo. Nel volume vengono quindi via via elencate le sue imprese senza soffermarsi sulla loro descrizione, mentre mi sono fermata di più sul suo "sentimento" della montagna; egli parla continuamente di essa come di un qualcosa di puro, di sacro, con cui però ha un rapporto molto intimo: egli impreca, l'invoca, la maledice, l'adora, come una figura femminile da conquistare che ora si concede e ora si ritrae, e quando è in vetta essa diventa il simbolo di una grande madre che lo culla nel suo grembo, che lo capisce sino in fondo. In tutto ciò c'è senz'altro l'influenza del romanticismo tedesco.
Manca invece totalmente nei suoi scritti la montagna intesa come ambiente di vita di una comunità storica, quella fassana, in cui egli pure operò come politico ma soprattutto come costruttore di rifugi, come operatore turistico di tipo moderno, che dalla montagna trasse le risorse economiche per vivere. Egli insomma visse di montagna, ma nonostante ciò nei suoi scritti ne rappresenta solo l'aspetto ideale. La "grande birbona" però, la confidente, la consolatrice, come lui chiama la montagna, richiede le sue vittime, ed ecco allora che Piaz si prodiga per strappare alla montagna quante più vittime può: gli sono attribuiti più di 100 salvataggi... e questa sarà la cosa di cui andrà più fiero.


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ASSEMBLEE CONGRESSUALI IN TRENTINO E ALTO-ADIGE
PER IL CONGRESSO NAZIONALE SDI DEL 13-15 APRILE 2007

• ASSEMBLEE PROVINCIALI
Sabato 31 marzo 2007 presso l’Hotel Sporting di Trento in via S.Severino 125 alle ore 15 il segretario provinciale Cristian Sala ha convocato l’Assemblea Congressuale provinciale SDI del Trentino; mentre per Lunedì 2 aprile 2007 alle ore 18 presso la sede socialista di Bolzano in via Roma 61 il segretario provinciale Alessandro Bertinazzo ha convocato l’Assemblea Congressuale provinciale SDI dell’ Alto Adige.
• ASSEMBLEA REGIONALE
Sempre a Bolzano presso la sede socialista sono convocati di seguito i delegati eletti dalle due assemblee provinciali per l’elezione dei quattro delegati del Trentino-Alto Adige al congresso nazionale SDI di Fiuggi


UN NUOVO INIZIO PER I SOCIALISTI

Anche in Trentino-Alto Adige i socialisti hanno organizzato le Assemblee congressuali in vista di un importante appuntamento nazionale. Infatti dal 13 al 15 aprile 2007 si svolgerà il congresso straordinario dei Socialisti aderenti allo SDI che prospetta la formazione anche in Italia di una più ampia area politica e partitica che abbia nel nome e nei fatti il diretto riferimento al Partito socialista europeo-Pse. Lo SDI in questi anni ha provato a creare "una nuova forza riformista nella quale la presenza socialista abbia un valore e un ruolo autonomo". Ora ci troviamo di fronte alla ipotizzata creazione di un partito democratico che purtroppo sempre più appare la sommatoria dei gruppi dirigenti di DS e Margherita, una sorta di compromesso storico "bonsai" con un orizzonte incerto e limitato sui temi della collocazione europea (con i centristi o con il Pse?) e della laicità dello Stato. Ecco perché a maggior ragione i socialisti fanno appello a tutti coloro che nella sinistra e nel mondo laico non si rassegnano a confluire in un tale "partito democratico" e preferiscono lavorare per costruire una forza che chiaramente si richiami ai valori del socialismo riformista e liberale europeo. In tal senso si sarà più utili al centrosinistra anche in Italia.

Nicola Zoller – segretario regionale Sdi


POLITICA NAZIONALE: CON LA BUSSOLA SOCIALISTA

Nel numero precedente di InfoSOCIALISTA avevamo riportato il pensiero di Cristian Sala sulla politica trentina e sul ruolo dei socialisti. Ora diamo conto della posizione espressa dallo SDI dell’Alto Adige attraverso il segretario Alessandro Bertinazzo:


IL COMITATO DIRETTIVO DEI SOCIALISTI si è riunito presso la sede di via Roma in vista dell'imminente Congresso straordinario nazionale ed ha affrontato e discusso approfonditamente la situazione politica nazionale e locale.
Nei vari interventi è stato rilevato lo stato di grave crisi politica che tuttora vive il nostro Paese. La lunga fase di transizione che ormai dura da 15 anni condiziona negativamente la possibilità di ripresa di un clima democratico sereno e costruttivo.
La politica, in questo lungo periodo, ha subìto inoltre pesantemente l'influenza dei cosiddetti poteri forti, mentre i partiti si sono ridotti a strumenti elettorali, la cui attività si esaurisce dopo ogni elezione.
Il dibattito politico al quale assistono quasi quotidianamente i nostri concittadini, ha assunto l'aspetto di una vera e propria rissa verbale tra i vari rappresentanti, ottenendo come risultato il loro continuo allontanamento dalle istituzioni e dalla politica.
In questo quadro la sinistra italiana non ha saputo o voluto fare i conti con la propria storia mediante una revisione sostanziale e di conseguenza la maturazione di un serio progetto politico che le permettesse di superare, rispetto alla sinistra dei paesi europei, la propria anomalia.
Oggi la sinistra italiana si trova ad un bivio e rischia di vedere scomparire l'anima socialista e riformista che ha consentito al nostro paese di ottenere grandi conquiste sociali, civili ed economiche e che lo ha posto tra i grandi paesi più sviluppati del mondo.
Mantenere e difendere l'autonomia e l'identità socialista, che dal collasso del precedente sistema politico da più parti si volevano cancellare, è un diritto ed un dovere per ogni militante.
La società, il modo di vivere, il lavoro, le esigenze individuali e collettive, il mondo, sono radicalmente cambiati rispetto a solo qualche decennio fa, ma i pilastri del pensiero socialista sono rimasti sempre gli stessi: libertà, democrazia, giustizia sociale.
In questa direzione si devono perciò creare i presupposti per una maggiore partecipazione delle nuove generazioni discretamente accompagnate dall'esperienza di chi li ha preceduti in quest'importante impegno.

POLITICA LOCALE: UNITI PER AFFINITA' POLITICA

Pur nel diverso contesto locale, la collaborazione tra le forze riformiste è un obbligo, di contro, la forza contrattuale dei singoli partiti si riduce al lumicino. La propensione di governo delle forze riformiste, da sempre impegnate per migliorare i rapporti tra i gruppi, e sostenitrici, per ciò, fin dalla nascita della forma autonomistica di governo, impone la costituzione di una federazione tra le forze politiche affini in occasione delle elezioni provinciali del 2008.
La frammentazione, in altre parole l'insufficiente consistenza elettorale delle forze politiche che hanno nei partiti nazionali i riferimenti politici, inducono ad auspicare la riproposizione della federazione dell'ULIVO, che ha avuto considerevole successo alle elezioni europee del 2004.
Rispettando l'autonomia delle forze politiche che decideranno di aderire alla federazione locale, per quanto intendono proporre a livello nazionale, sempre nella coalizione di centrosinistra, sono da ritenere elementi basilari vincolanti e d'impegno reciproco fra le forze politiche firmatarie, l'accordo di giunta provinciale per il periodo 2003-2008 e l'accordo per le elezioni politiche del 9-10 aprile 2006 nonché l'impegno dell'alleanza che lega oggi le forze del centrosinistra per un programma di legislatura, finalizzato a migliorare le condizioni dei cittadini ed a favorire soprattutto i più deboli e disagiati.

Bolzano, 14 marzo 2007 Alessandro Bertinazzo

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