Intervento di Michele Bonmassar

Presidente della Consulta degli Studenti della Provincia Autonoma di Trento

Una nuova sinistra paladina della scuola di tutti:

 

Si è discusso e si continua a discutere spesso del futuro della scuola italiana. Se ne discute perché il nostro sistema dell’istruzione è diverso da quello dei nostri partners europei.
Si sa che il più grosso vizio italico è la famigerata esterofilia, che nasconde poi sempre quell’arrogante e nazionalistico senso di superiorità.
Comunque sia in nome di questo più o meno sincero sentimento di doverosa emulazione si sta cercando di inseguire un modello di scuola tristemente vicino a quello anglosassone. Si noti che tra i vari aspetti positivi del mondo anglosassone soprattutto in termini di tutela delle libertà individuali, dei diritti civili in nome di una diffusa coscienza liberale, si considera straordinario un modello scolastico che è sicuramente tra i peggiori al mondo.
Non ho intenzione di dilungarmi più di tanto sugli aspetti contenuti nel poderoso e voluminoso “Progetto Bertagna”, documento che illustra le volontà di riforma dell’esecutivo nazionale. E’ certo comunque che l’istruzione pubblica rischia di subire gravissimi danni. Si vogliono tagliare fondi, finanziare gli istituti privati, invalidare di fatto l’esame di Stato avvalendosi di commissioni interne sempre in nome del risparmio. Tuttavia gli aspetti più gravi non sono questi. Ciò che colpisce chiunque abbia un minimo di fede nella libertà è la fortissima impronta confessionale che si vuole dare alla nostra scuola. La volontà di inserire l’insegnamento della religione cattolica nel percorso obbligatorio di studio, l’intento di immettere in ruolo i docenti di religione, il continuo riferimento- presente nel testo del Progetto e nelle parole della Ministro Moratti- alla valenza etica della scuola. Si possono condividere o meno gli aspetti tecnici della proposta di riforma, ma l’aggressione ai principi della laicità delle istituzioni pubbliche non può essere accettata da nessuno.
In ogni caso chi un atteggiamento simile in materia scolastica non l’avesse mai visto sarebbe rimasto sbalordito di fronte a questa concezione di scuola pubblica. Purtroppo, però, c’è una zona d’Italia che rischia veramente di abituarsi a situazioni simili: il Trentino.
In Trentino per la prima volta in Italia si sono finanziate le scuole private con i soldi pubblici , e proprio recentemente per i soli istituti parificati superiori la cifra è passata da 14 a circa 17 miliardi di lire annui; prima ancora che il Presidente del Consiglio esprimesse tramite il suo Governo la volontà di immettere in ruolo i docenti di religione cattolica, il Consiglio Provinciale di Trento ha approvato una legge in materia ( n°5, 9 aprile 2001); infine ormai da due anni sta emergendo l’idea di raddoppiare le ore di insegnamento della religione cattolica ( da una a due ore a settimana) e di renderle curricolari, in nome di alcune norme del Concordato inerenti le “zone di confine”.
Tuttavia per evitare di risultare criptico preferirei illustrare brevemente il significato di tutto ciò.
Innanzitutto immettere in ruolo i docenti di religione cattolica significa riconoscere in pieno il loro contratto di lavoro, basato sulle norme del Codice Canonico. In nome della laicità delle istituzioni pubbliche , però, sancita dall’articolo 3 della Costituzione della Repubblica,l’Ordinamento della Repubblica Italiana non può riconoscere il Codice Canonico, e dunque nemmeno un contratto basato su di esso. Com’è possibile che uno Stato laico metta sullo stesso piano degli altri docenti chi viene selezionato dalle autorità ecclesiastiche?
In secondo luogo, per quanto riguarda il Trentino, si vuole,come detto, rendere curricolare l’insegnamento della religione cattolica con un raddoppio del numero di ore settimanali. Questa proposta è basata sul fatto che il Trentino sarebbe da considerarsi “zona di confine”, e che dunque la legislazione per quanto riguarda i Patti Lateranensi sarebbe da applicare in maniera diversa. Il problema però è che non solo ciò significa demolire la laicità della scuola pubblica,ma implica anche un distacco, da parte della Provincia Autonoma di Trento, dal contesto nazionale attraverso l’abolizione dei vincoli con il dettato Costituzionale; inoltre non avrebbe probabilmente molto senso considerare il Trentino come zona di confine, alla luce del Trattato di Schengen che di fatto abolisce i confini all’interno dell’UE.
Va dunque considerata con una certa preoccupazione la supina accettazione diffusa del fatto che la laicità dello Stato e della scuola pubblica non sia più da considerarsi valore imprescindibile del vivere civile in un’ottica liberale, ma come una semplice formalità senza senso.
Per quanto riguarda la realtà trentina sono gli studenti che, tramite la Consulta da me presieduta, stanno portando avanti con forza e decisione l’istanza della laicità della propria scuola, in nome dei diritti individuali a livello politico, filosofico e religioso, secondo quanto previsto dalla nostra Costituzione; purtroppo, però, gli studenti del Trentino non sono sufficienti a frenare questo processo evidente di clericalizzazione nazionale a cui stiamo assistendo; servirebbe l’interesse dei cittadini di tutt’Italia.
Sappiamo tutti, però, che l’azione politica non può limitarsi soltanto ad una impietosa critica dell’esistente o di quello che altri vogliono esista.
Una forza laica e riformista come quella socialdemocratica non deve assolutamente ridursi a questo.
Il nostro obbiettivo dev ’essere quello di diventare in prospettiva un punto di riferimento importante per i cittadini che vogliono un effettivo cambiamento. E’ per la speranza del cambiamento che il 13 maggio la Coalizione cui facciamo riferimento ha perso. Non per l’assenza dei comunisti o dei neo-giustizialisti che sostituirebbero volentieri la piazza ad un tribunale.
Anche in materia scolastica, dunque, è bene che ci interroghiamo sui motivi che animano il nostro sdegno nei confronti di questo progetto di riforma.
Dobbiamo innanzi tutto sapere cosa vogliamo.
Io credo che una sincera anima riformista e laica non possa più accettare i principi conservatori e di gentiliana memoria che il Ministero propone. In alternativa va lanciata un’idea pluralistica di scuola, e ciò può accadere soltanto con la tutela della scuola pubblica.
La scuola pubblica, infatti, è l’unico sistema di istruzione che affonda le sue radici nei principi di libertà, di tutela delle individualità, di abbattimento massimo delle barriere sociali ed economiche in nome delle pari opportunità per tutti i cittadini , di tutela del pensiero filosofico-religioso di ognuno di noi attraverso la garanzia di laicità ( che non significa, come parte dei nostri alleati della Quercia, insegnamento di tutte le religioni. Significa invece, come già ha osservato il Presidente Boselli a Genova, assenza dell’insegnamento dottrinario). Per ottenere un rafforzamento della tutela della laicità dell’istruzione pubblica si dovrebbe, a mio modo di vedere, spingere per la revisione del Concordato tra Repubblica Italiana e Stato Vaticano, nella direzione di togliere l’insegnamento di qualsiasi dottrina religiosa dalla scuola di tutti.
Chi vorrà poi approfondire gli aspetti inerenti il proprio culto religioso avrà, come accade in tutti i paesi moderni dell’occidente, piena libertà in privato.
Di fronte al problema del rapporto tra mondo dell’istruzione e mondo del lavoro, non dobbiamo assolutamente fare nostre posizioni anacronistiche. Sarebbe troppo riduttivo, a mio avviso, vedere nella posizione berlusconiana tutti i torti e nemmeno un barlume di ragionevolezza.
Che ci sia ad esempio l’esigenza reale del rilancio della Formazione Professionale, non è un’invenzione del Presidente del Consiglio.
Quello che a mio avviso una forza riformista deve anteporre all’attuale esecutivo, non è una posizione arroccata, conservatrice, dogmatica e piazzaiola. Non dobbiamo cominciare a parlare di utilizzo dello studente solo come lavoratore potenziale. In alternativa bisognerebbe ammettere l’oggettività di alcune anomalie, e prendere posizioni più moderate, più ragionate, in una parola: più laiche.
Si potrebbe ad esempio sostenere che il rilancio della Formazione Professionale è un obbiettivo, ma va perseguito in modo tale da non togliere importanza all’istruzione di base e non contamini anche gli altri indirizzi scolastici, con una professionalizzazione di massa.
In sostanza chi decide di imparare un mestiere deve essere formato al meglio, anche con frequenti contatti tra istituto ed impresa, ma senza mai toccare i fondamenti della cultura, unica forte garanzia di libertà e di senso critico individuale.
Un altro aspetto che non possiamo ignorare è la situazione dei docenti.
Il mondo dei “ professionisti dell’Istruzione” spesso non è molto “professionale”.
A fare le spese di eventuali carenze di preparazione di alcuni docenti o da una disponibilità non eccessiva a lavorare dei docenti stessi, sono gli studenti.
Ecco quindi che si pone il problema di una maggiore selezione per il personale della scuola, anche penalizzando gli inefficienti e dando prospettive di avanzamento professionale ai docenti meritevoli, esattamente come succede per molte altre categorie di lavoratori.
Chiaramente una proposta di valutazione degli insegnanti affidata ai dirigenti scolastici contiene una serie di anomalie quantomeno potenziali. Valga per tutte il fatto che in piccole realtà come quelle dei singoli istituti, simpatie o antipatie personali possono giocare un ruolo importante nell’ambito di decisioni così importanti.
Discutendo su possibili proposte alternative,però, dobbiamo farci carico dei problemi reali, concreti, perché sono le ragioni di un elettorato di centro-destra che in realtà era il nostro, e che ha cambiato posizione perché ciò che è importante è il cambiamento.
I tempi cambiano, e l’idea del socialismo operaista che ha significato tanto per la storia d’Europa sta morendo rapidamente. Ora le speranze dell’opinione pubblica sono nutrite non più in un contesto “di massa”, bensì da parte di chi fa della propria abilità nella risoluzione dei problemi un motivo d’orgoglio, senza astratte teorie che oggi nessuno più ascolta.
Abbiamo, a mio avviso, l’opportunità di porci a capo di una nuova sinistra, che solo dei riformisti laici – e siamo gli unici con caratteristiche simili all’interno della nostra coalizione- possono capire e captare. La nuova sinistra possibile si fa paladina dei diritti civili, dei diritti umani, dello stato sociale , dei diritti dei lavoratori ( senza retorica e rievocazione nostalgica delle rivolte di piazza), della scuola pubblica.
Ciò accade anche in ambito scolastico, perché il nuovo non sta nelle critiche, ma nelle alternative.
Se avremo delle alternative si costruirà una nuova sinistra, più forte , più credibile e più giovane.

Michele Bonmassar
Giovani Socialisti del Trentino

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