Lo storico Franco Venturi, avendo fatto
degli studi sull’origine delle parole
socialismo e socialista, giunse alla
conclusione che fu probabilmente il monaco
Facchinei nel 1765 a usare per la prima
volta il termine socialista per descrivere
(e vituperare) le idee di uguaglianza
sociale e utilitarismo che aveva scorto alla
base delle teorie di Cesare Beccaria... . E’
dunque probabile che Beccaria sia stato il
primo uomo ad essere accusato di socialismo
(cfr. Marcello Maestro, “Cesare Beccaria e
le origini della riforma penale”, Milano,
Feltrinelli ed., 1977, p. 42). Il professore
Giorgio Spini ha accertato poi che il
termine socialista fu usato la prima volta
nel suo senso attuale in Inghilterra nel
1827, dalla rivista dei seguaci di Robert
Owen “The Cooperative Magazine”. In quello
stesso periodo un giovane ufficiale di
marina, Giuseppe Garibaldi, aderiva - fra i
primi in Italia - al credo saint -
simoniano, che più tardi l’avrebbe portato
ad affermare: “Il socialismo è il sole
dell’avvenire”. E’ certo inoltre che la
prima volta in cui si ebbe una
partecipazione socialista al governo di una
nazione fu nella Seconda Repubblica
Francese, dopo la rivoluzione di febbraio
del 1848. Queste date - e qui si portano
solo alcuni esempi - segnano non solo il
punto di partenza della storia del
socialismo moderno ma anche il punto di
arrivo di un processo multisecolare. Quelle
istanze di ristrutturazione della società e
dell’economia in funzione dell’interesse
collettivo dei molti, anziché dell’egoismo
individuale dei pochi privilegiati, quelle
aspirazioni a una sorte
meno crudele e più umana per tutti, uomini e
donne, o quella vigorosa affermazione delle
masse lavoratrici, che si vogliono associare
ai termini socialismo e socialisti, non
avevano atteso davvero gli inizi del XIX
secolo per fare la loro comparsa nella
storia. Si può anzi datare, con fondate
ragioni, l’inizio del cammino storico verso
il socialismo dell’Ottocento e Novecento
dalla comparsa nel dicembre 1516 dell'opera,
intitolata “Utopia”, di un magistrato e
cultore di studi umanistici inglese, Tommaso
Moro. La “lunga marcia” verso il socialismo
che si sviluppò da quella pubblicazione
all’alba del 1500, porta alla nascita dei
movimenti socialisti del 1800 e 1900 (in
Italia il partito socialista venne fondato
nel 1892 seguendo il messaggio di Filippo
Turati e nel Trentino - con un percorso
autonomo - negli anni 1893 - 94, vivificato
dall’opera di Cesare Battisti), ovvero alla
costruzione di quel tessuto complesso di
spinte ideali, di relazioni culturali, di
antagonismi politici e di lotte sociali, che
hanno connotato la storia dell’Europa
moderna e contemporanea (cfr. Giorgio Spini,
“Le origini del socialismo”, Torino, Einaudi
ed., 1992). Con queste premesse (per una
descrizione appena più articolata si può
vedere “Un futuro per il socialismo” qui di
seguito), noi socialisti continuiamo a
ritenere che il motto dei rivoluzionari
francesi del 1789 - libertà, uguaglianza,
fraternità - mantenga intatta la sua
validità. Non è più utopico cercare di
estendere i diritti umani, di accrescere la
giustizia sociale e garantire l’uguaglianza
di opportunità per tutti i cittadini.
L’impegno dei socialisti su scala europea ha
condotto a situazioni in cui la gran parte
delle cittadine e dei cittadini vive in una
società caratterizzata dalla libertà, con un
buon livello di protezione sociale e una
migliorata qualità della vita. Tuttavia
circa il 15% della popolazione vive ancora
in povertà: l’estensione della giustizia
sociale e la lotta alle povertà, vecchie e
nuove, sono minacciate dalle politiche
conservatrici. Occorre dunque che i
socialisti continuino a sostenere una
politica sociale ed economica che assicuri
ad ogni cittadina e cittadino, facente parte
della popolazione attiva o pensionata o
inabile, il beneficio di una copertura
sociale, di un posto di lavoro e di
condizioni di vita accettabili. La creazione
di occupazione continua ad essere la nostra
più grande priorità. Secondo noi socialisti
è necessario perseguire una politica attiva
orientata verso la creazione di posti di
lavoro, garantendo anche ai disoccupati il
loro diritto al lavoro, riconoscendo alle
donne l’uguaglianza dei diritti e delle
opportunità, dando ai giovani la possibilità
di costruire il proprio futuro. In genere il
livello di istruzione e addestramento
professionale è ancora insufficiente.
L’importanza della qualità dell’istruzione
generale giustifica gli sforzi per portarla
ad un alto livello sia per il pieno sviluppo
della personalità che per la qualità delle
relazioni produttive nel futuro. Una
ridistribuzione del lavoro potrà essere un
mezzo efficace nella lotta contro la
disoccupazione. Forme di riduzione del
lavoro - nel quadro della settimana
lavorativa di 35 ore - e la flessibilità
degli orari di lavoro dovranno continuare ad
essere oggetto di negoziazioni. E’
necessario che i lavoratori e le lavoratrici
delle aziende produttive, commerciali e dei
servizi siano associati alle decisioni di
sviluppo dell’impresa, con garanzie di
informazione e di partecipazione. Come
socialisti - in modo particolare in realtà
come quelle del Trentino - riteniamo che le
imprese di piccola e media grandezza e il
settore cooperativo, possano giocare un
ruolo fondamentale per promuovere il lavoro
e per una gestione più umana e partecipata
dell’attività produttiva. I socialisti
vogliono rendere compatibile lo sviluppo
economico con la protezione dell’ambiente.
Ciò è condizione per una crescita
equilibrata della nostra società, che può
puntare sempre più sulla ricerca di
tecnologie pulite di lotta contro
l’inquinamento. La tutela delle risorse
naturali non rinnovabili, la salvaguardia
del nostro “sistema alpino” e la promozione
turistico - ambientale, possono condurre
alla creazione di nuovi posti di lavoro,
mentre tutto ciò converge nel migliorare la
qualità della vita. I socialisti credono in
una seria politica di risparmio energetico,
con un appoggio deciso alle fonti di energia
che non provocano danni ecologici. I
socialisti sono sempre impegnati per la
pace, da garantire attraverso l’affermazione
della democrazia. Non c’è vera pace senza
libertà e senza pieno riconoscimento dei
diritti umani. Occorre appoggiare la linea
del progressivo disarmo globale e di forte
riduzione delle spese militari, tenendo
conto che all’esigenza di sicurezza non si
possono dare solo risposte militari.I
socialisti ritengono che i Paesi del nord
del mondo - e quindi l’Italia ed anche il
nostro Trentino - debbano intensificare la
cooperazione e la solidarietà con i Paesi
del Terzo Mondo per motivi di giustizia e di
sviluppo. Non è possibile accettare il
persistere della situazione di sfruttamento
economico, sociale e culturale di questi
Paesi, situazione intollerabile sul piano
umano ed economicamente nefasta per tutti.
Sosteniamo il metodo di cooperazione che
cerchi di rendere autosufficienti le
economie dei Paesi sottosviluppati nei
settori essenziali della alimentazione e
dell’energia.
|
- La vittoria del riformismo.
Alla luce delle ricerche teoriche e della
prassi politica, si può ben dire che le
idee collegate al movimento socialista
democratico hanno vinto il confronto nel
"duello a sinistra" protrattosi per tutto
il XX secolo. La profezia del leader del
socialismo italiano, Filippo Turati,
pronunciata al congresso di Livorno nel
1921 e rivolta alla fazione comunista, si
è avverata in tutta Europa e la sinistra
politica moderna degna di questo nome
abbraccia le tesi gradualiste e
riformiste, considerando illusoria,
demagogica, pauperistica e sanguinaria la
prassi del comunismo rivoluzionario.
Proprio nel filone "anti - totalitario" di
ogni biblioteca socialista non può che
venire segnalata la lunga contesa del
socialismo democratico europeo ed
internazionale contro il "socialismo
reale" di marca comunista - sovietica. Gli
autori sono notevoli, dai nostri Merlino,
Silone, Rizzi, Settembrini a Martov,
Medvedev, Orwell, Koestler, Castoriadis,
Goldstücker, Gilas, Camus, Kolakowski,
Hannaendt, Popper, W. Reich, Ghosh. Queste
testimonianze dovrebbero far arrossire
coloro che hanno ancora la sfrontatezza di
affermare che con la caduta del socialismo
totalitario sovietico sarebbe caduto anche
il socialismo democratico: la fine del
comunismo è una vittoria ideale del
socialismo europeo e di tutti quei leaders
e pensatori che per settant'anni lo hanno
contestato e combattuto ideologicamente. A
suggellare questa conquista democratica,
sovvengono le penetranti parole -
anch'esse profetiche - di Simone Weil
(1909~1943) che nel suo saggio "Pensieri
sulla violenza" sostiene: "... l'illusione
della Rivoluzione consiste nel credere che
essendo le vittime della forza innocenti
riguardo alle violenze che si verificano,
se si mette la forza nelle loro mani, esse
ne faranno un uso giusto". Non sempre la
vittoria delle idee comporta una vittoria
politica degli uomini e delle
organizzazioni che per esse si
impegnarono. Ma questo è un discorso che
attiene alla tattica o alla contingenza
politica, piuttosto che ad un discorso dì
spessore teorico e di prospettiva ideale.
Ebbene, se nel caso specifico italiano
l'organizzazione socialista è stata
vulnerata nel corso degli anni '90, la
idee coltivate dal movimento socialista
avranno ancora vita lunga e potranno
essere ancora utili ai cittadini e alla
società. Si tratta infatti di un complesso
di idee prodotte - come ricorda Giorgio
Spini - da "una galassia multicolore",
accomunata da una fervente adesione ai
valori democratici e libertari, che via
via ha proposto, rielaborato, affinato,
implementato progetti ideali rivolti in
varie direzioni, come ha provato a
dimostrare anche la mia ricerca "Letture
di fine secolo" (Stampe della "Rosa
Europea", Rovereto, 1997), la quale ha
individuato diversi filoni del pensiero
socialista, da quello "illuminista -
risorgimentale" a quelli "riformista" e
"liberal", dal filone "federalista" a
quelli "anti-totalitario" ed
"ecologico"... . Proprio lo spirito libero
che soffia nelle opere degli intellettuali
socialisti - lontani da rigidi schemi
burocratici e dottrinari - ha salvato e
salva per il futuro il complesso delle
idee socialiste, le quali si sono
segnalate nei vari filoni di cui si sono
occupate per originalità o innovativi
apporti. E se c'è o ci sarà una sfida
politica, essa trova e troverà quasi
sempre alimento teorico nelle elaborazioni
del movimento socialista.
- Il federalismo socialista.
Con riferimento a quanto appena menzionato
cito un esempio eclatante. Pare che negli
armi '90 si sia scoperto il tema
federalista. E invece esiste una notevole
opera socialista sull'argomento, che
affonda le radici nelle proposte del
francese Proudhon o nel programma
federalista di Brünn della
socialdemocrazia austriaca, per emergere
poi con i nostri Carlo Rosselli, Altiero
Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni
(mi permetto di segnalare una mia memoria
su questo "federalista dimenticato"
ospitata su "Questotrentino" del 13
gennaio 1995), Silvio Trentin, Piero
Calamandrei, Ignazio Silone. Gli studi di
Aldo Garosci e di Norberto Bobbio sono
testimonianze della vitalità di questo
filone del pensiero socialista mentre
nell'opera di Corrado Malandrino,
"Socialismo e libertà: autonomie,
federalismo, Europa da Rosselli a Silone",
viene efficacemente riassunto il valore
del nesso socialismo -federalismo: "Quale
socialismo? Quello che garantisce agli
individui, ai gruppi e alle classi anche
le condizioni di maggiore libertà nella
società, nelle istituzioni statali e
sovranazionali. Quale federalismo? Quello
che assicura la pace tra le nazioni, la
realizzazione degli obiettivi di unità
politica del continente europeo non
disgiunti dalla salvaguardia delle
autonomie nazionali e locali, ma che è
altresì un federalismo aperto alle
esigenze di giustizia sociale. Questi temi
sono ben presenti nella storia italiana di
questo secolo, tra i socialisti e
nell'intellettualità progressista con
l'obiettivo di unire finalità socialiste e
federaliste per costruire un sistema
sociale e costituzionale di nuova
democrazia, più libero e più giusto".
- Eduard Bernstein.
Quanto appena descritto per il filone
"federalista" vale quasi
paradigmaticamente per gli altri filoni.
E' però segnatamente il filone "liberal -
socialista" a permeare di vitale
prospettiva anche gli apporti teorici dei
pensatori collocati dalle mie "Letture di
fine secolo" in altri filoni ma
inevitabilmente portatori di tematiche
liberal socialiste. Vorrei qui aggiungere
un richiamo particolare al saggio di U.
Ranieri e U. Minopoli "Il movimento è
tutto, rileggendo Eduard Bernstein"
(Sugarco ed.) posto ad introdurre il
filone "riformista", con il quale questi
due dirigenti democratici di sinistra
raccontano la loro battaglia interna per
smontare il "pregiudizio antiriformista"
presente nel loro partito. E si rifanno
alle idee del socialista berlinese per
dichiarare ancora che "non esiste idea
liberale che non appartenga anche al
contenuto ideale del socialismo",
ribadendo che l'ordinamento liberal -
democratico non è l'inerte involucro del
potere capitalista, ma ha una potenzialità
universale in cui tutti possono muoversi
per far valere le proprie ragioni, per
progredire, per riequilibrare il potere
degli altri. Le "eresie" del
socialdemocratico Bernstein (l850-l932) -
che da tempo sono diventate patrimonio del
socialismo occidentale - bussano e
ribussano dunque alla porta di tutti i
partiti e i movimenti della sinistra
vecchia o nuova, di questo o di altri
continenti che vogliano proporre o
produrre qualcosa di buono per l'umanità.
- Karl Popper.
Una personalità autorevole della
tradizione liberale del XX secolo che da
tempo è stata studiata, compresa e
assimilata dall'attività teorica e pratica
del movimento socialista italiano ed
europeo è quella di Karl Popper. Nella mia
ricerca questo autore è collocato nel
filone anti - autoritario con la classica
opera "La società aperta e i suoi nemici -
Hegel e Marx falsi profeti". Si può ben
immaginare come essa, nei decenni
trascorsi, possa essere stata accolta dai
circoli della sinistra comunista in
Italia. "Marx...- afferma Popper - fu un
profeta della storia e le sue profezie non
sono risultate vere; ma questa non è la
mia accusa maggiore. E' molto più
importante il fatto che egli sviò un gran
numero di persone intelligenti portandole
a credere che la profezia storica sia il
modo scientifico di approccio ai problemi
sociali. Marx è responsabile della
rovinosa influenza del metodo di pensiero
storicista nelle file di coloro che
vogliono far avanzare la causa della
società aperta... . L'approccio
fallibilista - secondo cui noi impariamo
dai nostri errori piuttosto che
dall'accumulazione di dati - ... può
mostrare che il ruolo del pensiero è
quello di realizzare delle rivoluzioni per
mezzo di dibattiti critici, piuttosto che
per mezzo della violenza e della guerra;
che fa parte della grande tradizione del
razionalismo occidentale combattere le
nostre battaglie con le parole invece che
con le spade. E' questa la ragione per cui
la nostra civiltà occidentale è una
civiltà essenzialmente pluralista, mentre
fini sociali monolitici significherebbero
la morte della libertà: della libertà di
pensiero, della libera ricerca della
verità e con essa, della razionalità e
della dignità dell'uomo". Popper sta
diventando oggi un punto di riferimento
obbligato anche per molti "converted
marxist" italiani. E anche questo avviene
sulla strada già percorsa dal movimento
socialista: il carattere socialdemocratico
della visione politica di Popper è stato
infatti presentato fin dagli anni '70
dalla Fondazione Friedrich Ebert, che ha
dedicato a Popper il volume "Razionalismo
critico e socialdemocrazia", con la
prefazione di Helmut Schmidt.
- John E. Roemer o del socialismo
liberale.
Ho proposto il titolo di questa nota in
cinque punti, traendolo dall'opera di John
E. Roemer, "Un futuro per il socialismo"
(Feltrinelli ed., 1996), pubblicata in
originale da Harvard University Press,
Cambridge (Mass). Debbo dunque presentare
una conclusiva riflessione sul lavoro di
questo autore definito coraggioso e
lungimirante anche da osservatori di
diversa scuola. E cito al proposito Pier
Luigi Sacco e Armando Massarenti che su
"Il Sole 24 Ore" hanno trattato con
rigoroso rispetto la fatica del professore
americano (cfr. Pier Luigi Sacco, "Eppure
il socialismopuò
avere un futuro", il Sole 24 Ore, 8
settembre 1996, p.26; Armando Massarenti,
"Per un welfare più giusto", Il Sole 24
Ore, 25 settembre l996, p.6). Innanzitutto
si chiarisce subito di quale socialismo si
stia parlando: si tratta di "socialismo
orwelliano", in nome di chi, sostenendo un
ideale dì socialismo anti - totalitario
(George Orwell, "La fattoria degli
animali" e "1984") di quello totalitario
ha saputo denunciare tutti i pericoli.
Insomma, spiega A. Massarenti, "un
socialismo dal forte sapore liberale,
basato su una riflessione attenta sulle
ragioni del fallimento delle economie
dell'est europeo". Queste, spiega Roemer,
è bene che siano collassate, perché con
esse sono falliti dei regimi tirannici.
Tali esperienze tragiche riconfermano la
bontà dell'idea di "socialismo di
mercato", che possiamo cosi sommariamente
descrivere:
A) E' un socialismo che pone attenzione
alla uguaglianza delle opportunità e delle
basi di partenza e quindi alla necessità
di "creazione di un sistema educativo in
grado di offrire ai segmenti sociali più
svantaggiati reali opportunità di accesso
ad una formazione pienamente spendibile
sui mercati del lavoro, compresi quelli
più sofisticati e competitivi".
B) E' un socialismo che fa in modo che la
proprietà azionaria, e quindi la fruizione
dei profitti dell'attività produttiva, sia
distribuita molto diffusamente. Tale
proprietà diffusa fa sì che i "mali
pubblici" determinati dall'andamento
dell'attività economica siano
possibilmente più limitati. Citiamo fra i
"mali pubblici" la disoccupazione.
Potrebbe essere interesse di ciascun
singolo capitalista licenziare lavoratori:
ebbene, quando i lavoratori concorrono a
controllare il capitale, si terrà conto
dell'interesse più generale e si
freneranno i comportamenti più
irresponsabili del lasseiz faire. Ma
citiamo anche l'esempio dell'inquinamento.
L'azionariato diffuso (non la proprietà
statalizzata, che ha tollerato livelli di
inquinamento orripilanti nei paesi
dell'orbita sovietica) può frenare
efficacemente questo male che si riverbera
sulla generalità degli azionisti (si
confronti al proposito anche il saggio di
Giorgio Ruffolo, "Lo sviluppo dei limiti":
"...la biforcazione di fronte alla quale
ci troviamo ci pone non il dilemma tra
crescere e non crescere, ma quello tra due
tipi di 'sviluppo'. Lo sviluppo della
potenza e lo sviluppo della coscienza").
Inevitabilmente ogni sistema dovrà
accettare un certo livello di "mali
pubblici" creati dall'economia: ma col
"socialismo di mercato", cioè con la
proprietà azionaria diffusa, ci potranno
essere contemporaneamente effetti benefici
sull'efficienza dell'economia, sulla
distribuzione più egualitaria della
ricchezza e sulla riduzione dei citati
"mali pubblici". (Si rimanda, per
un'utilissima comparazione tematica, anche
al dibattito aperto negli anni '70 da
"Mondoperaio", rivista teorica del Psi,
raccolto poi in AA.VV., "Democrazia
industriale e sindacato in Italia", ed.
Avanti,1977. La tematica della
partecipazione dei lavoratori alla
gestione del mercato viene in evidenza;
scrive Gino Giugni nell'opera citata:
"Mentre non esiste nell'ambito della
letteratura marxista, un progetto di
democrazia economica,... sono sempre
abbondanti, invece, i progetti nell'ambito
dei socialismi pre o amarxisti. Infatti
l'idea della partecipazione e della
gestione democratica dell'economia e
antica quanto è antico il socialismo").
C'è dunque un futuro per il socialismo. Ed
è un futuro auspicabile non solo per i
socialisti ma complessivamente per le
nostre società. Un futuro che è stato
coltivato da una schiera di pensatori, che
generalmente - per dirla con gli autori
della rivista italiana "Liberalsocialismo"
- si ostinano a non ritenere "disparati e
inconciliabili l'ideale della libertà
politica e quello della giustizia
sociale", ad affermare - con Leo Valiani
sulle tracce di John Dewey - che "la
libertà non vive nel mondo contemporaneo,
senza giustizia sociale", ed infine ad
implorare con Bertrand Russel: "Se le
vostre speranze e i vostri desideri sono
limitati a voi stessi o alla vostra
famiglia, o alla vostra nazione, o alla
vostra classe, o agli aderenti alla vostra
credenza religiosa troverete che tutti i
vostri sentimenti generosi sono
accompagnati in modo parallelo da
antipatie e da sentimenti ostili. Da una
simile dualità di sentimenti si originano
quasi tutti i mali peggiori della vita
umana, le crudeltà, le oppressioni, le
persecuzioni, le guerre. Se il nostro
mondo vuole sfuggire ai disastri che lo
minacciano gli uomini devono imparare a
essere meno circoscritti nei loro
sentimenti di solidarietà".
(n. z.)
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